Articles 2, 3, 8 and 13. The concept of a “safe third country” in the case-law of the Court.

European Court of Human Rights
Research and Library Division
Report, February 2018


 

La Corte non ha mai messo in dubbio la legittimità degli elenchi nazionali di "paesi terzi sicuri" come tali, né ha dichiarato che un determinato paese terzo era (o non era) sicuro. L'approccio della Corte è principalmente procedurale; si concentra sull'esame delle procedure di garanzia che devono necessariamente sostenere le valutazioni effettuate dalle autorità nazionali. Lo Stato di espulsione non può semplicemente fare affidamento sulla propria definizione di paese terzo come sicuro, ma ha un obbligo procedurale generale di effettuare un esame equo e approfondito delle condizioni in quel paese terzo. L'onere della prova in tali casi è distribuito nel modo seguente:
   (1) il punto di partenza è che spetta al richiedente;
   (2) se esiste un rischio generale ben noto nel paese terzo, le autorità hanno il dovere di effettuare una valutazione di propria iniziativa;
   (3) per quanto riguarda il rischio individuale, spetta al richiedente, ma se lo Stato che procede all’espulsione viene messo a conoscenza di fatti rilevanti che riguardano in modo specifico l’espellendo, le autorità devono effettuare una valutazione di propria iniziativa, soprattutto se il richiedente rischia maltrattamenti a causa della sua appartenenza a un gruppo perseguitato.
Infine, le autorità hanno l'obbligo di fornire all’espellendo le informazioni necessarie per consentirgli di contestare la definizione di un paese terzo come "sicuro".




Testo in formato pdf - 396 KB