L'Agenda europea sulla migrazione.

Camera dei deputati
Ufficio rapporti con l’Unione europea
17 luglio 2019


 

L'approccio UE alla politica di migrazione

Negli ultimi anni le Istituzioni europee hanno affrontato i diversi profili di politica migratoria in un complesso di misure definito Agenda europea sulla migrazione, dal titolo del documento programmatico presentato dalla Commissione europea nel maggio del 2015 per affrontare la grave crisi migratoria che in quell'anno ha registrato più di un milione di sbarchi sulle coste degli Stati membri affacciati sul Mediterraneo.

Le misure originariamente contenute nell'Agenda europea sulla migrazione e le successive iniziative che ne rappresentano il coerente sviluppo, sono ispirate al cosiddetto "approccio globale alla migrazione", che consiste in una combinazione di strumenti che riguardano:
azioni nell'ambito della dimensione interna della politica di migrazione;
le attività alle frontiere esterne dell'UE, il rafforzamento dell'azione esterna che si è tradotto in iniziative di politica estera nei riguardi dei principali Stati terzi di origine o di transito dei migranti.
Tale approccio è stato, da ultimo, ribadito nel programma della Presidenza di turno del Consiglio dell'UE finlandese (al riguardo, si rinvia al dossier sulle priorità della presidenza finlandese).


Flussi

Il trend annuale dei flussi migratori verso tali Paesi dell'UE si è progressivamente ridotto, passando - secondo i dati forniti dall'UNHCR – dagli oltre 373 mila arrivi del 2016, ai 185 mila del 2017, agli oltre 141 mila del 2018.
Tale dato include gli arrivi via mare in Italia, Cipro e Malta, e gli arrivi via mare e via terra in Grecia e Spagna.
Nel 2019 (dati aggiornati dall'UNHCR al 15 luglio 2019) gli sbarchi complessivi nell'UE si attestano a oltre 31 mila, di cui 3.186 in Italia, 15.216 in Grecia, e 11.022 in Spagna (sono oltre mille gli sbarchi a Malta e circa 800 a Cipro); a tali dati devono aggiungersi circa 2.900 arrivi via terra in Spagna e circa 5.900 in Grecia. Secondo l'UNHCR, nel 2019 sono 667 le persone morte o disperse nel Mediterraneo. 

Di seguito una tabella recante flussi migratori degli ultimi anni (2014-2018) verso i principali Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo (Dati UNHCR):


Domande di asilo

Secondo l'EASO – l'Ufficio europeo per il sostegno all'asilo, nel 2018 sono state registrate negli Stati membri circa 635 mila domande, di cui 593 mila in prima istanza, registrando un calo del 10 per cento rispetto al 2017. La Commissione europea rileva che nel 2018, per il sesto anno consecutivo, la Germania ha ricevuto il maggior numero di domande più alto, pari a oltre 130 mila, seguita dalla Francia, con più di 116 mila domande; l'Italia ha ricevuto, nel 2018, circa 54 mila domande di asilo. Nei primi quattro mesi del 2019 gli Stati membri hanno complessivamente registrato circa 290 mila domande di asilo, di cui circa 260 mila presentate per la prima volta. Secondo Eurostat, nei primi quattro mesi del 2019 l'Italia ha registrato oltre 13.700 domande, di cui circa 11 mila di prima istanza.


Movimenti secondari

Secondo il rapporto annuale pubblicato nel mese di giugno 2019 dall'Agenzia eu-LISA (Agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia) dall'incrocio dei dati biometrici relativi ai richiedenti asilo e dei migranti irregolari emerge una indicazione di massima sul fenomeno dei cd. movimenti secondari.
In particolare, nel 2018 risulterebbe che:
- 236.098 richiedenti asilo hanno presentato una nuova domanda di protezione in altro Stato membro (in riduzione dell'8 per cento rispetto al 2017);
- 127.032 migranti risultavano irregolarmente soggiornanti in uno Stato membro diverso da quello nel quale gli stessi avevano precedentemente presentato domanda di protezione internazionale (con una riduzione inferiore al 2 per cento rispetto al 2017);
- 55.012 hanno attraversato illegalmente le frontiere esterne dell'UE e hanno successivamente presentato domanda di asilo in Stato membro diverso da quello di approdo (in riduzione del 44 per cento rispetto al 2017).


Dimensione interna di politica di migrazione

La riforma del Sistema europeo comune di asilo

È tuttora in corso di esame presso le Istituzioni legislative europee il pacchetto di riforma del Sistema europeo comune di asilo presentato dalla Commissione europea nel 2016.
Il pacchetto comprende: la proposta di regolamento relativo all'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo - EASO (COM 2016)271); la proposta di regolamento che istituisce l'Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento Dublino, per l'identificazione di cittadini di paesi terzi o apolidi il cui soggiorno è irregolare e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (COM(2016)272); la proposta di regolamento che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di paese terzo o da un apolide (riforma del regolamento di Dublino - COM(2016)270); la proposta di direttiva recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (COM(2016)465); la proposta di regolamento recante norme sull'attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria e sul contenuto della protezione riconosciuta (COM(2016)466); la proposta di regolamento che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione (COM(2016)467); la proposta di regolamento recante quadro dell'Unione per il reinsediamento (COM(2016)468).
Le questioni relative alla riforma del regolamento di Dublino, e alla correlata situazione delle operazioni di ricerca e salvataggio e di sbarco di migranti in porti sicuri nel Mediterraneo sono state tra i principali argomenti all'ordine del giorno dei Consigli europei di giugno, ottobre e dicembre 2018.
In particolare, il Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018 ha stabilito che, nel territorio dell'UE, coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria, lasciando impregiudicata la riforma di Dublino.
Successivamente, il Consiglio europeo di dicembre 2018 ha stabilito che occorre compiere ulteriori sforzi per concludere i negoziati su tutte le parti del Sistema europeo comune di asilo, nel rispetto delle precedenti conclusioni del Consiglio europeo e in considerazione dei diversi gradi di progresso raggiunti per ciascuno dei fascicoli.
A oltre tre anni dall'avvio legislativo del pacchetto asilo, le singole proposte normative che lo compongono registrano differenti stadi di avanzamento nel rispettivo iter di approvazione. In particolare, permangono difficoltà per quanto riguarda l'esame in sede di Consiglio della proposta di regolamento istitutiva di una procedura unica di asilo, e soprattutto criticità più significative con riferimento alla revisione del regolamento di Dublino (nonostante il Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018 abbia sostenuto la necessità di trovare il consenso su tale riforma), che regola la competenza degli Stati membri in materia di gestione delle domande di asilo, atteso che gli Stati membri non sono riusciti ad individuare un soddisfacente punto di equilibrio tra i principi di responsabilità e di solidarietà.
La proposta di revisione del regolamento di Dublino reca, tra gli elementi qualificanti, un meccanismo correttivo per la redistribuzione delle domande di asilo tra Stati membri, quale strumento di sostegno per i Paesi UE i cui sistemi di protezione internazionale subiscano pressioni sproporzionate. La Commissione europea ha frequentemente precisato che il giusto bilanciamento dei due principi deve intendersi nel senso, che occorre, da un lato, assicurare che ogni Stato membro si occupi delle domande d'asilo di cui è responsabile, dall'altro, garantire un meccanismo di solidarietà strutturato e prevedibile, che faccia sì che nessuno Stato membro debba sopportare un onere sproporzionato.
La Commissione europea ha dichiarato che per le cinque proposte ritenute più avanti nell'esame legislativo non esiste alcun ostacolo tecnico o giuridico ad una loro eventuale adozione separata.
Alcune delle proposte ritenute dalla Commissione europea prossime all'approvazione contengono disposizioni sostanzialmente volte a rafforzare, in particolare, il rispetto del principio di responsabilità.
Inoltre, la Presidenza rumena del Consiglio dell'UE, nel corso del semestre di presidenza, ha constatato che non sussistono prospettive realistiche di compiere grandi progressi sulla riforma di Dublino a breve termine, occorrendo, di conseguenza, concentrare gli sforzi principalmente sugli altri fascicoli relativi alla riforma dell'asilo affinché possano progredire il più possibile nel tempo a disposizione prima delle imminenti elezioni del Parlamento europeo.
Anche la Presidenza entrante finlandese ha proposto di uscire dall'impasse relativo al processo di revisione del Sistema europeo comune di asilo, attraverso l'adozione, "una alla volta" (ovverosia separatamente), delle proposte per le quali sia possibile il raggiungimento di un accordo.
Tali posizioni non trovano il sostegno di quegli Stati membri (tra i quali l'Italia) che propendono per l'approccio a pacchetto, in base al quale è opportuna un'adozione complessiva di tutte le proposte in esame.
In particolare, il Governo italiano ha più volte sottolineato l'inscindibilità del legame tra tutte le proposte legislative che compongono il pacchetto sull'asilo in corso di negoziato ai fini del bilanciamento tra i principi di responsabilità e solidarietà, e la necessità di evitare possibili fughe in avanti su specifici aspetti della riforma che non tengano debitamente conto degli interessi nazionali. Nel merito della riforma del regolamento di Dublino, il Governo ha manifestato l'intenzione di sostenere la necessità di forme di redistribuzione obbligatorie dei richiedenti asilo e di un meccanismo ad hoc per quelli giunti via mare, rifiutando strumenti di solidarietà su base volontaria o che si estrinsechino solo in forme di sostegno finanziario, messa a disposizione di esperti e mezzi, senza contemplare il citato obbligo di accettare la redistribuzione dei richiedenti asilo.
Si ricorda, infine, che, come ricordato da ultimo dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, in occasione dell'audizione del 6 marzo 2019 presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il Governo italiano ha più volte manifestato a livello di UE l'idea che le persone che vengono salvate in mare debbano essere sbarcate in "zone franche" rispetto all' applicazione delle regole di Dublino, cioè in porti o aree che non dovrebbero far scattare immediatamente tutti gli obblighi del regolamento di Dublino. Il Ministro ha quindi precisato la proposta (sulla quale tuttavia non vi è il consenso degli Stati membri) di una sorta di predistribuzione dei migranti fra gli Stati, in maniera che più Stati europei possano condividere l'onere di fare tutte le verifiche.
La Commissione europea ha infine prefigurato, nelle more del completamento della riforma del Sistema europeo comune di asilo, la messa in campo di disposizioni temporanee che rappresenterebbero un approccio coordinato per gli sbarchi e altre situazioni di particolare pressione nell'UE.
Tale approccio, secondo la Commissione, replicherebbe lo sforzo di coordinamento prodotto tra una serie di Stati membri nel gennaio del 2019 per il caso della gestione dello sbarco della Sea Watch – 3.
Tra gli elementi chiave di tali disposizioni, vi sarebbe la possibilità di sostenere uno Stato membro sotto pressione mediante misure di solidarietà che includerebbero, tra l'altro, meccanismi di ricollocazione dei migranti.
La Presidenza rumena del Consiglio dell'UE ha approfondito il tema, presentando il 13 giugno 2019 in sede di COREPER un progress report (come semplice contributo, non vincolante, per la prossima Presidenza) nel quale si ipotizzano meccanismi temporanei di sbarco dei migranti soccorsi nelle operazioni di ricerca e salvataggio e degli altri arrivi via mare (linee di fondo del contributo sono: volontarietà del meccanismo, della sua attivazione e partecipazionetemporaneità; nessun pregiudizio per il futuro lavoro di aggiornamento del regolamento di Dublino; natura non vincolante del documento proposto).
Infine si segnala che, nel citato programma, la Presidenza finlandese ha, tra l'altro, rilanciato i progetti relativi:
- un sistema di reinsediamento di richiedenti asilo su scala europea tramite sufficienti incentivi finanziari (tale misura è contenuta in una delle iniziative normative in cui si articola il citato pacchetto);
- un meccanismo di ricollocazione temporanea per i migranti soccorsi in mare, anche in considerazione dell'assenza di progressi nella realizzazione dei centri controllati per i migranti all'interno dell'UE, previsti nelle conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018.

In occasione del Consiglio dell'UE Affari esteri del 15 luglio 2019, i Ministri hanno discusso sull'importanza di rendere più rapidi i reinsediamenti delle persone bisognose di protezione internazionale.
In tale sede, è stata inoltre sottolineata la necessità di compiere progressi per quanto riguarda lo sbarco dei migranti salvati in mare, questione considerata responsabilità dei Ministri della giustizia e degli interni.
Da ultimo, si ricorda che la Presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in occasione del suo discorso all'Assembea plenaria del Parlamento europeo del 16 luglio 2019, ha indicato, in particolare, tra le priorità della prossima Commissione: un nuovo patto sulla migrazione e l'asilo, che comprenda la riapertura delle discussioni sulla riforma del sistema di Dublino; l'istituzione di corridoi umanitari in stretta collaborazione con l'UNHCR; l'aiuto necessario agli Stati membri maggiormente sotto pressione per rendere stabili le frontiere dell'UE; un nuovo modo di condividere gli oneri; una cooperazione equa con i paesi di origine e di transito.


Visti

Il 6 giugno 2019, il Consiglio dell'UE ha adottato una serie di modifiche al regolamento (CE) n. 810/2009 che istituisce un codice comunitario dei visti.
Tra gli elementi qualificanti della riforma, l'introduzione di un meccanismo in forza del quale si utilizza il trattamento delle domande di visto come leva rispetto alla cooperazione in materia di riammissione dei migranti irregolari.
Nell'ambito di questo meccanismo, la Commissione valuta periodicamente la cooperazione con i Paesi terzi in materia di riammissione. Se un Paese non collabora, la Commissione può suggerire al Consiglio di adottare una decisione di esecuzione che applichi specifiche misure restrittive in materia di visti per quanto riguarda il trattamento delle domande e, da ultimo, i diritti per i visti. Se invece il Paese collabora, la Commissione può suggerire che il Consiglio adotti una decisione di esecuzione che disponga o la riduzione dei diritti per i visti, o tempi più brevi per decidere in merito alle domande di visto oppure periodi di validità più lunghi dei visti per ingressi multipli.
Alla data del 15 luglio 2019, il nuovo regolamento risulta ancora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'UE.


Contrasto alla tratta degli esseri umani

Secondo la definizione contenuta nella direttiva n. 2011/36/UE la tratta consiste nel "reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell'autorità su queste persone, con la minaccia dell'uso o con l'uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l'offerta o l'accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, a fini di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, compreso l' accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi".
La tratta di esseri umani è una violazione dei diritti umani ed è esplicitamente vietata dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; il fenomeno non riguarda esclusivamente i flussi migratori, registrandosi casi di tratta le cui vittime sono cittadini dell'UE (nel biennio 2015-2016 il 44 per cento di tutte le vittime registrate).
Secondo l'ultima relazione sui progressi compiuti nella lotta alla tratta degli esseri umani, pubblicata alla fine del 2018, nel biennio 2015 – 2016, tra l'altro:
- vi sono stati 20.532 casi di vittime registrate di tratta nell'UE;
- sono state riportate 5.979 azioni penali e 2.927 condanne per tratta di esseri umani;
- 7.503 persone hanno avuto contatti formali con la polizia o il sistema giudiziario penale, cioè sono state sospettate, arrestate o diffidate per un reato di tratta di esseri umani;
- oltre la metà (56 %) dei casi di tratta di esseri umani aveva come scopo lo sfruttamento sessuale. Circa un quarto (26 %) è stato costituito da tratta a scopo di sfruttamento del lavoro, mentre altre forme (come l'accattonaggio forzato e il prelievo di organi) (18 %) hanno costituito la restante parte.
- Le donne (adulte e ragazze) rappresentano più di due terzi (68 %) delle vittime registrate (se non si includono i dati del Regno Unito, salgono al 77 %);
- i bambini hanno rappresentato quasi un quarto (23 %) delle vittime registrate.

I principali strumenti dell'UE per il contrasto al fenomeno della tratta degli esseri umani sono:
1. la citata direttiva 2011/36/UE, che definisce norme minime comuni per determinare i reati connessi alla tratta di esseri umani e fissare le relative pene, e prevede misure che mirano a rafforzare la prevenzione del fenomeno e la protezione delle vittime;
2. la strategia per l'eradicazione della tratta degli esseri umani (2012 – 2016) recante un insieme di misure, fra cui l'istituzione di unità nazionali di contrasto specializzate nella tratta di esseri umani e la creazione di squadre investigative comuni europee incaricate di perseguire i casi di tratta transfrontaliera; nel 2017 la Commissione europea ha pubblicato una relazione sul seguito dato alla strategia citata;
3. l'EU Anti-Trafficking Coordinator, nominato dalla Commissione europea, responsabile per il miglioramento del coordinamento e della coerenza tra le istituzioni dell'UE, le agenzie dell'UE, gli Stati membri e gli attori internazionali e per lo sviluppo di politiche nuove ed esistenti per affrontare il fenomeno della tratta.


Gestione delle frontiere

Il tema della gestione delle frontiere marittime e del contrasto alle attività dei trafficanti di migranti è stato al centro del dibattito svolto dai leader degli Stati membri in occasione del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018, i quali hanno, tra l'altro, ha sottolineato la necessità di maggiori sforzi per porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri Paesi, rivolgendo a tutte le navi operanti nel Mediterraneo il monito a rispettare le leggi applicabili e a non interferire con le operazioni della guardia costiera libica.


Le missioni UE: Frontex

Sono quattro le operazioni UE nel Mediterraneo: le missioni Poseidon, Themis, e Minerva Indalo dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera - Frontex, rispettivamente con la Grecia, l'Italia e la Spagna; l'operazione EUNAVFOR MED Sophia nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune.
Istituita con il regolamento (CE) n. 2007/2004 (con l'originaria denominazione di Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea), e da ultimo riformata con il regolamento (UE) 2016/1624, l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera ( Frontex) sostiene i Paesi dell'UE e i paesi associati alla zona Schengen nella gestione delle loro frontiere esterne.
L'Agenzia contribuisce ad armonizzare i controlli alle frontiere in tutta l'UE e agevola la collaborazione tra le autorità di frontiera dei singoli paesi dell'UE fornendo assistenza tecnica e know how; l'Agenzia può coordinare l'invio di attrezzatura tecnica aggiuntiva e di personale di frontiera, e le operazioni alle frontiere marittime e terrestri esterne.
Tra gli ambiti di competenza di Frontex figurano:
- analisi dei rischi;
- operazioni congiunte;
- risposta rapida;
- ricerca;
- formazione;
- rimpatri congiunti;
- scambio di informazioni.


Prospettive di riforma dell'Agenzia

Presentata dalla Commissione europea nel settembre del 2018, la proposta di regolamento COM(2018)631 mira a potenziare il sistema della Guardia di frontiera e costiera europea, tra l'altro, dotando Frontex di un corpo permanente di 10 mila unità operative, entro il 2020 (termine che il Consiglio dell'UE e il Parlamento europeo hanno convenuto di prorogare al 2027), abilitate a svolgere compiti che implicano competenze esecutive. Il regolamento rafforza inoltre il mandato dell'Agenzia prevedendo un suo maggior coinvolgimento nel sostegno alle procedure di rimpatrio effettuate dagli Stati membri e nella cooperazione con i Paesi terzi interessati.
Il 20 febbraio 2019, il Consiglio ha adottato la sua posizione negoziale sulla proposta della Commissione e, sulla base di tale mandato, il 28 marzo 2019 è stato raggiunto un accordo politico con il Parlamento europeo. Il 1° aprile 2019, tale accordo è stato confermato in sede di Consiglio. A tal proposito, si segnala che il Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Maurizio Massari (in sede di audizione del 2 aprile 2019 presso le Commissioni Politiche dell'Unione europea del Senato e della Camera dei deputati) ha precisato che, in tale occasione, l'Italia, insieme alla Spagna e alla Slovenia, ha espresso voto contrario alla proposta, in quanto: la misura dell'istituzione del corpo permanente risulterebbe troppo onerosa (quantificata in circa 11 miliardi di euro, che secondo la Commissione potrebbero essere ridotti a 9 miliardi); la proposta sottrarrebbe, pertanto, risorse nazionali necessarie agli Stati membri per la gestione delle rispettive frontiere; essa, peraltro, non risulterebbe efficace per quanto riguarda la politica di rimpatrio.
Sulla base dell'accordo interistituzionale del marzo 2019, il 17 aprile 2019, Parlamento europeo ha approvato la posizione in prima lettura sulla riforma, che è tuttora in attesa dell'adozione formale da parte del Consiglio.
Si segnala, infine, che la Presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in occasione del citato discorso all'Assembea plenaria del Parlamento europeo, ha sottolineato che Frontex dovrebbe disporre, non nel 2027 ma al più tardi entro il 2024, del corpo permanente di 10 mila guardie di frontiera.


Operazione Themis

Dal febbraio 2018, l'operazione Themis, in sostituzione della precedente Triton, opera nel Mediterraneo centrale assistendo l'Italia circa i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania. L'operazione continua ad occuparsi della ricerca e del soccorso dei migranti in mare ma si concentra anche sul contrasto al crimine, in particolare, sull''attività di intelligence e sulle altre azioni volte a individuare i foreign fighters e le altre minacce terroristiche ai confini esterni dell'UE.
I funzionari impiegati da Frontex sostengono le autorità italiane nella registrazione dei migranti. Tutti gli asset utilizzati nell'ambito dell'operazione operano sotto il comando del Ministero dell'interno.
Il Governo italiano ha reso noto che la novità più importante nella sostituzione della missione riguarda il fatto che i migranti soccorsi devono essere fatti sbarcare nel porto più vicino al punto in cui è stato effettuato il salvataggio in mare.


L'operazione EUNAVFOR MED Sophia

Il mandato originario della missione navale militare EUNAVFOR MED Sophia, a partire dal giugno 2015, consiste nell' individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dalle reti del traffico irregolare di migranti e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale.
All'operazione sono stati progressivamente assegnati ulteriori compiti di sostegno: formare la guardia costiera e la marina libiche; contribuire all'attuazione dell'embargo dell' ONU sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche; svolgere attività di sorveglianza e raccolta di informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia.
Il Governo italiano ha più volte sollecitato una revisione del piano operativo di EUNAVFOR MED Sophia, nella parte in cui (tramite rinvio alle regole di ingaggio della non più in vigore missione Triton di Frontex) si prevede che lo sbarco di migranti eventualmente soccorsi debba avvenire in porti italiani.
Il 29 marzo 2019, il Consiglio dell'UE ha prorogato fino al 30 settembre 2019 il mandato di EUNAVFOR MED operazione SOPHIA. Il Consiglio dell'UE ha precisato che il comandante dell'operazione ha ricevuto istruzioni di sospendere temporaneamente, per motivi operativi, lo spiegamento delle forze navali dell'operazione per la durata di tale proroga, e che gli Stati membri dell'UE continueranno a lavorare, nelle sedi appropriate, a una soluzione al problema degli sbarchi nell'ambito del seguito da dare alle conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2018. Il Consiglio ha, infine, comunicato che l'operazione continuerà ad attuare opportunamente il suo mandato, aumentando la sorveglianza con mezzi aerei e rafforzando il sostegno alla guardia costiera e alla marina libiche nei compiti di contrasto in mare attraverso un monitoraggio potenziato, anche a terra, e continuando la formazione.


Profili di azione esterna della politica di migrazione

Premessa

La dimensione esterna della politica di migrazione dell'UE si concentra su alcuni temi che, in linea di principio, hanno in comune l'obiettivo generale della riduzione delle cause profonde della migrazione, con particolare riguardo ai flussi irregolari provenienti dal continente africano. Tale politica attiene, da un lato, al sostegno agli Stati di origine e di transito per eliminare i principali fattori di instabilità economica, sociale, e politica, dall'altro, nell'approfondimento della cooperazione UE con gli Stati terzi riguardo il controllo delle rispettive frontiere, il contrasto alle reti del traffico di migranti e della tratta di esseri umani, infine, alle politiche in materia di rimpatrio dei migranti irregolarmente presenti nell'UE. Il sostegno dell'UE riguarda anche il potenziamento dei sistemi di protezione internazionale al di fuori del territorio dell'Unione, tra l'altro, con riferimento alla situazione dei profughi interni o provenienti da zone esterne.


Il Fondo fiduciario europeo di emergenza per l'Africa

In tale contesto, viene in considerazione il Fondo fiduciario europeo di emergenza per l'Africa ( EU Emergency Trust Fund for Africa), istituito nel novembre del 2015 in occasione del Vertice di La Valletta UE – Africa, che ha raggiunto (al 10 luglio 2019) un volume di risorse pari a 4,5 miliardi di euro, di cui 4 miliardi provenienti dal Fondo europeo di sviluppo e da altri strumenti finanziari UE, mentre gli Stati membri ed altri Paesi donatori (Svizzera e Norvegia) vi contribuiscono per 514 milioni (finora ne sono stati versati 487). Gli Stati membri maggiori contributori al Fondo sono la Germania e l' Italia con un impegno, rispettivamente, per 182,5 e 123 milioni di euro.
Nell'ambito del fondo sono stati approvati 205 programmi per un valore di circa 3,920 miliardi di euro (di cui 650 solo per i Paesi del Nord Africa).
Si segnala che il Consiglio dell'UE Affari esteri del 15 luglio 2019, in sede di discussione sugli aspetti esterni della migrazione, ha sottolineato la necessità di aumentare le risorse finanziarie, con particolare riguardo al Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa.
L'assegnazione delle risorse del Fondo si articola in tre macroregioni: Sahel e Lago Ciad (Burkina Faso, Camerun, Ciad, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria and Senegal), Corno d'Africa (Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenia, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Tanzania e Uganda), e Nord Africa (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto).
Grazie al Fondo trovano finanziamenti programmi volti a: creazione di sviluppo economico e lavoro; supporto dei servizi di base per le popolazioni locali (sicurezza alimentare e nutrizionale, sanità, istruzione); rafforzamento della stabilità e della governance, in particolare promuovendo la prevenzione dei conflitti e il contrasto alle violazioni dei diritti umani, e il principio dello Stato di diritto; prevenzione dei flussi migratori irregolari e contrasto alle reti del traffico dei migranti.


Piano investimenti esterni

L'approccio seguito con l'accordo di La Valletta, e il Trust fund, è altresì alla base del Nuovo quadro di partenariato dell'UE, che si è tradotto in patti ( migration compact) con Paesi terzi prioritari (Niger, Mali, Nigeria, Senegal ed Etiopia), e all'avvio del cosiddetto Piano di investimenti esterni.
Quest'ultimo strumento finanziario, a partire dal 2017, stimola gli investimenti in Africa e nel vicinato dell'UE tramite sovvenzioni, prestiti, garanzie, e strumenti di condivisione dei rischi. Il contributo UE si attesta a circa 4,5 miliardi di euro, che secondo la Commissione dovrebbe determinare una leva finanziaria in grado di mobilitare fino a 44 miliardi di euro di investimenti privati per lo sviluppo sostenibile. La Commissione europea ha chiesto agli Stati membri un contributo di uguale entità al fine di raggiungere un volume di investimenti di quasi novanta miliardi di euro.


Il nuovo QFP e altre iniziative per lo sviluppo e la stabilizzazione in Africa

La Risoluzione del 14 marzo 2018 del Parlamento europeo - L'avvio di un nuovo "Piano Marshall per l'Africa"

Nella risoluzione del 14 marzo 2018 "Preparazione della posizione del Parlamento in merito al Quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020, il Parlamento europeo ha approvato una serie di indicazioni con particolare riferimento all'azione esterna dell'UE concernente i Paesi terzi interessati ai flussi migratori, tra le quali un significativo aumento degli stanziamenti, tra l'altro con riferimento alle politiche di vicinato e di sviluppo.


La proposta di Quadro finanziario pluriennale 2021 – 2027 - Valutazione del Parlamento europeo

Nel maggio del 2018, la Commissione europea ha presentato la proposta di Quadro finanziario pluriennale dell'UE per il periodo 2021-2027, che prevede, tra l'altro, uno strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale dotato di 89,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 a prezzi correnti (ovvero che tengono conto di un tasso di inflazione del 2 per cento annuo), riservati in via prioritaria all' Africa e ai Paesi del vicinato.
Secondo la proposta, almeno 32 miliardi di euro sarebbero destinati all' Africa subsahariana, mentre 10,2 miliardi di euro costituirebbero la Riserva per le sfide e le priorità emergenti (come quelle ai confini dell'Unione o dei Paesi limitrofi, legate a situazioni di crisi e post-crisi o alla pressione migratoria).
Il 27 marzo 2019, il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura lo strumento citato, aumentando il budget complessivo a 93,154 miliardi di euro a prezzi correnti (circa 4 miliardi in più rispetto alla proposta della Commissione europea). Il Parlamento europeo ha altresì potenziato le risorse da destinare all'Africa subsahariana, portandole a 34,711 miliardi di euro a prezzi correnti.
Inoltre, ritenendo la promozione della democrazia, della pace e della sicurezza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani quali obiettivi centrali dell'azione esterna dell'UE, il Parlamento europeo ha emendato lo strumento nel senso di prevedere la sospensione totale o parziale del sostegno dell'UE nei confronti dei Paesi che non siano in grado di osservare i principi citati.


Nuova alleanza Africa-Europa

Con la comunicazione del settembre 2018 riguardante "una nuova alleanza Africa - Europa per gli investimenti e l'occupazione sostenibili: far avanzare allo stadio successivo il nostro partenariato per gli investimenti e l'occupazione", la Commissione europea ha proposto una serie di iniziative volte a promuovere l'imprenditoria, l'istruzione e la formazione, nonché l'integrazione economica (in particolare, sotto il profilo del libero scambio) nel continente africano.


Strumento europeo per la pace

Nel giugno 2018 l'Alto rappresentante, con il sostegno della Commissione, ha proposto di istituire lo strumento europeo per la pace, dotato di 10,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, al fine di rafforzare ulteriormente la collaborazione dell'UE con l'Africa per garantire in tutto il continente africano pace, sicurezza e stabilità, elementi determinanti per lo sviluppo economico.


Dichiarazione UE-Turchia

Nell'ambito degli accordi riconducibili alla cosiddetta Dichiarazione UE-Turchia del marzo 2016, è tuttora in vigore lo Strumento per i rifugiati in Turchia, istituito dall'Unione europea per il periodo 2016- 2019 con una dotazione complessiva di 6 miliardi (in due tranche) di cui 3 miliardi di euro provenienti dal bilancio dell' UE e 3 miliardi di euro dagli Stati membri.
I progetti finanziati nell'ambito dello strumento si concentrano su assistenza umanitaria, istruzione, sanità, infrastrutture municipali e sostegno socio-economico.
In particolare, secondo la Commissione europea, grazie a tali risorse: più di 635 mila minori siriani hanno accesso all' istruzione e 136 nuove scuole sono attualmente in costruzione; 5 milioni di prestazioni sanitarie di base sono state erogate e 650 mila bambini sono stati sottoposti a vaccinazione; un milione e mezzo dei rifugiati siriani più vulnerabili riceve mensilmente trasferimenti di denaro.


Misure relative alla situazione dei migranti bloccati in Libia

A partire dal secondo trimestre del 2016, l'Unione europea ha concentrato gli sforzi relativamente alla situazione dei migranti in Libia, mettendo in campo, tra l'altro, misure volte al sostegno delle comunità locali libiche interessate ai flussi, e al miglioramento delle condizioni delle strutture di accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo.
Sono complessivamente 338 i milioni di euro impegnati dall'UE per i progetti in Libia; in particolare, soltanto nell'ambito dell'UE Trust fund for Africa, le risorse (318 milioni di euro) sono articolate in 8 programmi riguardanti: protezione e assistenza per migranti e rifugiati (134,7 milioni); stabilizzazione delle comunità locali (92); gestione delle frontiere (91,3).
Inoltre, nell'ambito della Task force trilaterale Unione africana - UE - Nazioni Unite (avviata nel novembre 2017) sono state intraprese iniziative con l'obiettivo di migliorare la situazione umanitaria dei migranti con il coinvolgimento dei principali organismi internazionali (l'UNHCR e l'OIM), e di potenziare i reinsediamenti e i rimpatri volontari assistiti e la reintegrazione nei Paesi di origine.
Grazie alla cooperazione, 37 mila persone hanno fatto ritorno nei rispettivi Paesi nell'ambito dei programmi di rimpatrio volontari assistito. L'UE sta infine facendo pressione per garantire accesso senza ostacoli e regolare alle organizzazioni umanitarie e alle agenzie UE nei centri di trattenimento, al fine di migliorarne le condizioni.


Riammissioni e rimpatri

La proposta di riforma della direttiva rimpatri

È in corso l'iter legislativo sulla proposta di riforma ( COM(2018)634) della direttiva recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, con l'obiettivo di accelerare le procedure di rimpatrio, impedire le fughe e i movimenti secondari e aumentare i tassi di rimpatrio.

Sulla proposta, il 7 giugno 2019, il Consiglio dell'UE ha approvato una posizione negoziale parziale, i cui elementi chiave sono:

- procedure più chiare e rapide per l'emissione di decisioni di rimpatrio e per i ricorsi, compreso l'obbligo di emettere una decisione di rimpatrio contemporaneamente o subito dopo una decisione sulla cessazione del soggiorno regolare;

- obbligo di cooperazione per le persone oggetto di una procedura di rimpatrio - possibilità d'intervenire in caso di mancata cooperazione;

- norme sui rimpatri volontari, incluso l'obbligo di predisporre programmi mirati negli Stati membri;

- un elenco comune - non esaustivo - di criteri obiettivi per determinare il rischio di fuga;

- possibilità di trattenere cittadini di paesi terzi se costituiscono un pericolo per l' ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale;

- in ultima istanza, e qualora sia fornita tutta una serie di garanzie, la possibilità di rimpatriare un cittadino di paese terzo verso qualsiasi paese terzo sicuro.

Il Parlamento europeo non ha ancora adottato una posizione sulla proposta.


Accordi di riammissione a livello UE

Dal 2016 l'Unione europea ha stipulato sei accordi di riammissione (Afghanistan, Guinea, Bangladesh, Etiopia, Gambia e Costa d'Avorio). Sono complessivamente 23 gli accordi in vigore (oltre ai Paesi terzi citati, si tratta di accordi stipulati con Hong Kong, Macao, Sri Lanka, Albania, Russia, Ucraina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Bosnia e Erzegovina, Montenegro, Serbia, Moldavia, Pakistan, Georgia, Armenia, Azerbaijan, Turchia e Capo Verde).

Sono, inoltre, in corso di negoziato accordi di riammissione relativi tra l'altro, alla Nigeria, alla Tunisia e alla Giordania. Nel novembre 2017, il Marocco ha accettato di rilanciare i negoziati sull'accordo di riammissione, in sospeso da tre anni.


Migrazione legale e integrazione

La Commissione europea ha preannunciato l'intenzione di presentare un vaglio di adeguatezza del quadro regolamentare UE in materia di migrazione legale. In particolare, è tuttora all'esame delle Istituzioni legislative europee (e, secondo la Commissione stessa, in fase d'impasse) una proposta di riforma della cosiddetta direttiva Carta blu (proposta di direttiva COM(2016)378 sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati), al fine di aumentare la capacità dell'UE di attirare e trattenere cittadini di paesi terzi particolarmente specializzati nonché di promuoverne la mobilità e la circolazione tra posti di lavoro in diversi Stati membri.

Il sostegno dell'integrazione dei cittadini di paesi terzi soggiornanti regolarmente e delle persone provenienti dal contesto migratorio è altresì considerato elemento centrale nell'ambito del citato QFP 2021-2027. In particolare, tra le azioni sostenute nel quadro del nuovo bilancio, sono, tra l'altro, previsti: programmi di integrazione incentrati sull'istruzione e sulla formazione linguistica e di altro tipo (ad esempio corsi di educazione civica e orientamento professionale); centri di assistenza all'integrazione coordinati, quali sportelli unici; promozione degli scambi e del dialogo tra i cittadini di paesi terzi, la società di accoglienza e le autorità pubbliche, anche mediante la consultazione dei cittadini di paesi terzi, e del dialogo interculturale e interreligioso; promozione della la parità di accesso dei cittadini di paesi terzi ai servizi pubblici e privati.