Investimenti esteri nel capitale delle piccole e medie imprese italiane: prospettive concrete o aspettative incerte?

Leonardo Simonelli
Past President di Assocamerestero e presidente della Italian Chamber of Commerce and Industry for the United Kingdom


 

Trascrizione della relazione presentata al convegno/tavola rotonda del 5 dicembre 2017
Le nuove misure di attrazione degli investimenti esteri in Italia: strategie, normativa, procedure e punti di vista.
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Intanto sono molto contento di essere con voi, magari un po’ stanco, perché per essere presente in vari posti, anche alla mia veneranda età, bisogna andare a letto tardi e svegliarsi la mattina presto. Ieri sera ero ospite della Camera di commercio americana in Italia dove, fra l’altro, hanno premiato Stefano Pessina e Ornella Barra che in trent’anni hanno fatto la più grossa industria al mondo di distribuzione di prodotti farmaceutici. Bell’esempio del successo degli italiani all’estero che noi cerchiamo di rappresentare al meglio, ma anche di utilizzare al meglio a vantaggio del nostro Paese.

Perché sono qui. Perché vedo Maurizio Tino che è un giovane avvocato che rappresenta lo Studio legale Manca Graziadei in Scozia. Noi in Scozia abbiamo due uffici, perché c’è una bellissima comunità italiana sia a Edimburgo ma ancora di più a Glasgow, ove fra l’altro c’è un console onorario che è utilissimo anche per noi e che noi abbiamo nominato subito Presidente del nostro piccolo advisory commitee per la Scozia ed ha un posto nel nostro Consiglio. Citandolo per nome, Aleandro Franchi è di seconda generazione; però è uno degli studi principali di Glasgow che collabora molto con Graziadei e guarda caso si occupa anche di investimenti e ha facilitato una cosa che a noi preme molto, cioè il rapporto fra Glasgow e Torino. A questo proposito, parlando di rapporti tra città, dopo aver scoperto che Firenze era gemellata con Edimburgo dai tempi di La Pira e che non era successo nulla, noi abbiamo organizzato un convegno a Firenze, presenti l’ambasciatore inglese, l’ambasciatore italiano e i maggiori investitori scozzesi, per discutere di cosa fare di questi bellissimi legami culturali che però poi non sono sfruttati abbastanza.

Diceva ieri l'ambasciatore americano, persona che ha parlato in tutto mi pare 4 minuti, “bellissimo paese l'Italia, però io sono qui, non solo per ammirarlo, ma per fare business perché io ho lavorato per Goldman Sachs, ecc. Sono qui da pochi mesi, però mi dicono che c'è difficoltà a fare business e quindi il mio compito è cercare di dare un minimo contributo a livello anche istituzionale perché l'Italia cambi”. Tra l'altro, America e Inghilterra sono i paesi più interessanti. Poi naturalmente ci sono Tokyo, Singapore, tutto il nuovo mondo che si affaccia; però, siccome molto anche dello sviluppo economico passa attraverso l'innovazione, soprattutto la finanza, bisogna poi andare verso quei centri che, oltre, alle idee hanno anche il supporto finanziario per portarle avanti.

Ringrazio Nicola Lener che mi ha citato personalmente, peccato che in tutti i grafici le camere di commercio non esistevano. È peccato davvero perché è una risorsa che l’Italia ha ed è straordinaria. Io apprezzo moltissimo lo sforzo che viene fatto per aumentare l'attrattività delle imprese estere a venire in Italia ma, secondo me, bisogna smettere anche questo discorso o di incoming o di outgoing perché i processi sono così complementari che a volte è difficile distinguerli.

Un esempio di successo di un investimento dall’estero in Italia, che poi è un investimento turistico - ed ho piacere che dopo parli anche il Ministero della cultura che è anche il ministero del turismo - perché quando si dice che l'Italia è bella, è bella davvero, e questa è la risorsa che abbiamo per attrarre investimenti, perlomeno turistici e culturali, ed il ministro Franceschini sta facendo a mio avviso un ottimo lavoro. Vedere l'aspetto economico della cultura è questo. Questo investimento, dicevo, l’ha fatto Rocco Forte che ha creato a Verdura uno dei più grossi alberghi, perlomeno in termini di estensione territoriale, perché sono 250 ettari, due chilometri di costa dove naturalmente ha avuto anche il supporto della Cassa depositi e prestiti, e quindi il sistema ha funzionato. Ma questo, se si vuole, è un investimento di ritorno. Incominciano a esserci moltissimi di questi casi, di italiani che hanno avuto successo, poi tornano, e proprio con questi noi parliamo, perché la nostra funzione è anche quella di cercare di aumentare e favorire lo sviluppo degli italiani che hanno successo all’estero perché sono i nostri soci naturali.

Questi successi sono importantissimi non solo per aiutare altri italiani che vengono, per aiutare i giovani a trovare un posto di lavoro – perché c’è anche questo – ma servono anche per incentivare gli investimenti, che poi vengono fatti in Italia.

Quando si dice che l’Italia ha una cattiva reputazione all’estero, non è vero, l’Italia è amatissima. A parte che gli italiani all’estero fanno bene, ma ci sono le nostre tradizioni, la cultura, il riconoscimento che ci danno tutti del bello, della moda, del made in Italy, del prodotto agroalimentare. Quindi, l’immagine generica che l’Italia ha all’estero non è affatto cattiva.

Quella che è cattiva è l’immagine della burocrazia italiana e anche alla fine della corruzione, che sono tutti figli. Quello che ricordava prima Willan non l’ha letto nella stampa italiana, l’ha visto British Gas. Hanno avuto un’esperienza deleteria con il tentativo di investimento del degassificatore in Puglia. L’azienda si è trovata quasi costretta dalla burocrazia a ricorrere a quello che gli hanno detto, al sistema usuale, quello di cercare di oliare per facilitare l’investimento, con la conclusione che l’investimento non l’hanno mai fatto. British Gas non pensa più ad investire in Italia e questa non è una questione da poco. Io stesso nel mio piccolo cerco di investire in Italia e vi posso assicurare che, con tutto l’entusiasmo, per altro nel settore più facile quello turistico alberghiero, ci sono potenzialità molto grosse, che poi però vengono annientate da queste difficoltà di una burocrazia che è sempre più invadente, e dall’incapacità di snellire, ammodernare questo Paese.

Negli ultimi anni qualche cosa è stato fatto. Tant’è vero che Lener citava le classifiche, che verranno magari modificate, però funzionano, perché nel momento che si fa qualcosa, la nostra posizione migliora. Quindi, magari non migliora abbastanza ma il riconoscimento di quando facciamo le cose giuste secondo me ci viene dato. Tutti riconoscono, per esempio, che nel sistema del mercato del lavoro, nel mercato dell'accesso al credito, anche nella fiscalità, è stato fatto abbastanza. Difficile, ora, è far capire che queste leggi sono immutabili, perché la grossa preoccupazione è che anche queste leggi che risultano positive possano cambiare. Mi riferisco per esempio all'ottimo trattamento fiscale che viene fatto adesso ai privilegiati che investono in Italia, come in altri paesi, perché naturalmente ormai è una competizione tremenda attrarre investimenti e attrarre investitori. Però dovremmo dare certezze, nel senso di garantire che quel beneficio possa durare per tutta la vita, senza porre limiti temporali.

Cosa fanno le Camere di commercio italiane all’estero? Io mi sono occupato anche del sistema. Londra indubbiamente è una Camera centenaria, 130 anni. Poi abbiamo aperto anche a Dublino con qualche problema, ma abbiamo aperto anche a Dublino, perché ritenevamo che con il Brexit un legame fosse utile mantenerlo nell’ambito della Repubblica irlandese, che secondo me con il Nord Irlanda non potrà mai avere alcun confine e quindi questo che adesso è l’oggetto del contendere, lo devono risolvere. Per questo motivo è bene che l’Italia sia presente il più possibile anche nella Repubblica irlandese, perché molto di quello che viene fatto o parte di quello che viene fatto adesso a Londra, anche nella finanza, verrà fatta in Irlanda. Già si verificano dei fenomeni strani, tipo la creazione di banche, con sede a Dublino, che poi però hanno una grossa filiale a Londra. Trovo che alla fine si trovano sempre soluzioni pratiche alle varie problematiche.

Questa rete è molto bella, sono 80 camere, con quarantamila iscritti, c’è una business community che vede le persone di successo ancora legate all’Italia che stanno in queste istituzioni private, però, che hanno anche un ruolo per dare vantaggio all’Italia, quindi io, caro Nicola (ndr: Lener), ti ringrazio molto. Però, se qualche volta in tutti questi bellissimi schemi che fate comparissero anche le camere di commercio italiane all’estero non sarebbe male perché darebbe una prova più evidente che l'Italia apprezza un approccio pratico, apprezza il radicamento nel territorio.

Le reti diplomatiche stanno facendo un lavoro eccezionale. Io sono grande ammiratore dell'ambasciatore Terracciano, ma anche degli ambasciatori precedenti, perché per una breve parte della loro carriera si dedicano interamente alla loro funzione. Sta di fatto che poi è una breve parte della loro carriera, poi devono proseguire, anzi devono far carriera, invece, quella che conta è la presenza continua. Da questo lato, secondo me, per esempio i consoli onorari hanno un radicamento superiore ai consoli di carriera, perché un console onorario sta sempre lì, e deve garantire la continuità dei suoi rapporti.

Fondamentale poi è un’altra cosa che l’Italia deve considerare, cioè i professionisti italiani all’estero, che anche loro, oltre agli imprenditori di successo, hanno un grosso successo. Secondo me qualche cosa ce l’abbiamo che ci fa apprezzare fuori, compreso un fenomeno straordinario: l’italiano all’estero si sente molto più spronato di quando è qui. Vedo giovani ragazzi che arrivano, che lavorano così tanto e così bene che qui non lo farebbero mai, anche con grandissima umiltà con senso di grande sacrificio. Questo fa sì che l’Italia abbia in genere una ricchezza, la possibilità di contare abbastanza nel mondo, grazie a queste varie comunità. Il mio suggerimento, e lo dico spesso, è che bisognerebbe valorizzarle di più, facilitando al massimo proprio il contatto con la madrepatria.

Io non giudico, però noi avevamo un punto di riferimento che era il sistema camerale italiano che era la logica controparte nostra, tant’è vero, che avevamo un’associazione con il 50% delle camere italiane all’estero ed il 50% dell’Unioncamere. Ecco, questo sistema adesso non funziona più, perché le camere italiane non posso più fare promozione all'estero, e neanche occuparsi di investimenti. Allora noi nel nostro piccolo abbiamo dovuto creare un ufficio in Puglia, un ufficio a Torino, per ristabilire questi rapporti. Citavo all’inizio, proprio come questi rapporti vanno coltivati. I gemellaggi, per dire, hanno una bellissima funzione perché intanto hanno un retaggio storico, ma poi hanno un aspetto pratico. Torino e Glasgow sono complementari in avionica, in elettronica e ci sono investimenti italiani molto grossi in Scozia. Ora sarebbe il momento di completare il cerchio con investimenti di ritorno.

Per dire però come le cose vanno meglio di come andavano, sono contento di vedere qui anche l’ICE, perché con l’ICE, a Londra, abbiamo stabilito un rapporto di collaborazione incredibile, soprattutto in un settore che è sempre più importante come quello delle start-up. Perché quando si parla di piccole aziende, intervenire su piccole aziende tradizionali con investimenti esteri non è tanto facile perché per definizione l’investimento estero deve avere una certa consistenza. È difficile che uno si sposti da Londra per fare l’investimento di 100 -200 mila euro. Questo invece si applica a quelle che si chiamano aziende nascenti, in cui secondo me molto più importante è la seconda parola, piuttosto che prima, cioè l’up, la crescita. Qui l’Italia ha una sua funzione perché questa creatività che abbiamo si trasferisce anche in queste idee e quindi, insieme con l’ICE, insieme con Intesa Sanpaolo, che ha quel bellissimo grattacielo dell’innovazione, insieme con le altre camere, Israele, Singapore, noi cerchiamo moltissimo di fare squadra, fare sistema per far sì che queste piccole aziende possano trovare il sostegno finanziario anche con crowdfunding.

Se si va sempre più verso un cambiamento del mondo grazie alla tecnologia, anche l’idea di finanziamento sta cambiando molto grazie alla stessa tecnologia. Vi ringrazio e lascio volentieri la parola al rappresentante del Ministero dei beni culturali.