Dossier del Servizio studi del Senato n. 370
Aggiornamento al 15 settembre 2016
Il 14 settembre 2016 il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha pronunciato il suo discorso sullo Stato dell'Unione dinanzi al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria a Strasburgo, cui ha fatto seguito un dibattito sui risultati finora raggiunti e sulle priorità della Commissione europea per il 2017.
In tale occasione, il Presidente ha ribadito che la politica migratoria europea è una delle principali priorità politiche della Commissione europea. Ha inoltre annunciato una serie di misure concrete attraverso le quali raggiungere gli obiettivi enunciati. Fra queste:
un "ambizioso piano di investimenti" per l’Africa e il vicinato europeo con investimenti potenziali per 44 miliardi di euro che, con il contributo degli Stati membri, potranno arrivare a 88 miliardi di euro;
l'istituzione di una nuova guardia costiera e di frontiera europea, attualmente in fase di formalizzazione da parte del Parlamento e del Consiglio. Ha ricordato in proposito che Frontex dispone già di 600 agenti in Grecia, al confine con la Turchia, e di oltre 100 in Bulgaria, e ha dichiarato che, a partire da ottobre, dovranno essere ancora dispiegati 200 guardie di frontiera e 50 veicoli ai confini esterni della Bulgaria;
la presentazione, entro novembre, di un sistema europeo di informazione per i viaggi che consenta di registrare data, luogo e motivazione degli ingressi e delle uscite dall’Unione europea.
In allegato al suo discorso Juncker ha inoltre diffuso una Lettera di intenti, indirizzata al Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz e al Presidente del Consiglio dell'Unione europea Robert Fico, nonché una Relazione sui progressi fino ad ora compiuti nelle dieci priorità che la Commissione europea si era data all'inizio del suo mandato.
La Lettera di intenti indica come prioritari per l'anno a venire alcuni temi, tra i quali figurano: l'attuazione della Dichiarazione UE-Turchia, la ricollocazione dei rifugiati dalla Grecia e dall'Italia, la protezione dei minori non accompagnati, la rapida adozione da parte dei co-legislatori delle proposte di riforma del sistema comune europeo di asilo, compresa la riforma del "meccanismo Dublino", l'attuazione del nuovo quadro di partenariato con i Paesi terzi, l'efficace attuazione di tutte le misure intraprese a seguito dell'Agenda europea sulla migrazione, la rapida adozione del nuovo quadro di reinsediamento europeo proposto dalla Commissione.
La Relazione, oltre a fare il punto sullo stato di avanzamento nelle priorità indicate, riporta alcuni dati. Tra questi, possono qui ricordarsi lo stanziamento di 15 miliardi di euro dal bilancio dell'UE per il biennio 2015-2016 e il salvataggio in mare di oltre 400.000 persone.
L'Agenda europea sulla migrazione: stato di attuazione
I lavori per la definizione di un'Agenda europea globale sulla migrazione sono stati aperti dalla Commissione europea il 5 marzo 2015, con un primo dibattito di orientamento sulle iniziative da intraprendere per rendere concretamente operativi gli strumenti esistenti e la cooperazione nella gestione dei flussi migratori dai Paesi terzi. La gestione della migrazione figura, infatti, per la prima volta fra le priorità esplicite della Commissione europea, come indicato negli orientamenti politici del Presidente Jean Claude Juncker "Un nuovo inizio per l'Europa"(1) .
L'Agenda europea sulla migrazione è stata presentata dalla Commissione europea il 13 maggio 2015 con l'intento sia di fornire una risposta immediata alla situazione di crisi nel Mediterraneo, che di indicare le iniziative a medio e lungo termine per giungere a soluzioni strutturali che consentano di gestire meglio la migrazione in tutti i suoi aspetti. Nell'agenda sono quindi confluite le varie iniziative che, secondo la Commissione, l'Unione europea dovrebbe intraprendere, subito e nei prossimi anni, per delineare quello che viene definito come "un approccio coerente e globale che permetta di cogliere i vantaggi e vincere le sfide che la migrazione reca in sé"(2) .
Fra le azioni immediate proposte dalla Commissione figurano(3) :
il potenziamento delle capacità e dei mezzi delle operazioni congiunte di Frontex, Triton e Poseidon, con risorse finanziarie triplicate nel 2015 e 2016. E' stato presentato un nuovo piano operativo di Triton (annunciato da Frontex il 26 maggio 2015 e firmato dal direttore esecutivo dell'agenzia), il quale prevede un'espansione dell'area operativa di Triton fino a 138 miglia nautiche a sud della Sicilia, anche grazie a dotazioni finanziarie aggiuntive di ulteriori 45 milioni di euro nel 2016;
il supporto a un’operazione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) nel Mediterraneo volta a smantellare le reti di trafficanti, avviata con la decisione (PESC) 2015/778 del Consiglio, del 18 maggio 2015(4) , e l'approvazione del relativo Piano operativo da parte del CoPS-Comitato Politica e Difesa, il 19 giugno 2015(5) .
A seguito degli orientamenti politici forniti dai ministri della Difesa e degli Esteri nelle riunioni informali del 3 e 5 settembre 2015, e degli esiti del Consiglio Affari generali del 14 settembre 2015, che in base a quanto disposto dall'art. 2 della decisione PESC 2015/778 ha valutato lo stato di attuazione della fase 1 dell'operazione, e avendo constatato che tutti gli obiettivi a essa connessi (raccolta e analisi di informazioni e di intelligence) erano stati realizzati, gli ambasciatori dell'UE in sede di Comitato politico e di sicurezza (COPS) hanno convenuto di avviare la prima parte della seconda fase dell'operazione, a partire dal 7 ottobre 2015, e hanno approvato le corrispondenti regole di ingaggio. L'operazione navale dell'EU contro i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo è stata quindi autorizzata a procedere, nel rispetto del diritto internazionale, a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico o la tratta di esseri umani, con l'avallo politico del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, attraverso la risoluzione 2240 del 9 ottobre 2015. Il comitato politico e di sicurezza ha inoltre convenuto che il nome di EUNAVFOR MED dovesse essere cambiato in "Sophia"(6) .
Il 14 giugno 2016 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato all’unanimità la risoluzione 2292, proposta dai membri europei, la quale allarga il mandato dell’operazione Sophia nel Mediterraneo applicando nelle acque internazionali al largo della Libia l’embargo sulle armi destinate all’Isis. E' stato quindi deciso di autorizzare, per un periodo di 12 mesi, gli Stati membri a ispezionare le navi nelle acque internazionali al largo delle coste libiche "su cui si hanno fondati motivi di ritenere che stiano trasportando armi in violazione dell’embargo". Gli Stati membri potranno sequestrare e smaltire tali armi distruggendole o rendendole inutilizzabili.
Con la decisione (PESC) 2016/993, adottata dal Consiglio Affari esteri nella riunione del 20 giugno 2016, il mandato dell'operazione EUNAVFOR MED "Sophia"è stato prorogato con effetto immediato, fino al 27 luglio 2017, ed esteso per includervi il contributo alo sviluppo delle capacità e alla formazione della guardia costiera e della marina libiche, nonché l'attuazione dell'embargo delle Nazioni Unite sulle armi al largo delle coste libiche;
proposte legislative che attivino il sistema di emergenza previsto all’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) (vd. infra);
un programma di reinsediamento dell'UE, cui dovrebbe far seguito una proposta per un approccio più stabile per il periodo successivo al 2016 (vd. infra);
l'assegnazione di 30 milioni di euro ai programmi di sviluppo e protezione regionale, nell’Africa settentrionale, nel Corno d’Africa e nel Medio Oriente;
l'istituzione in Niger di un centro pilota multifunzionale;
l'istituzione di un nuovo metodo basato sui "punti di crisi".
Nell'Agenda europea sulla migrazione la Commissione ha previsto l'istituzione di un metodo basato sui cd. "punti di crisi" (hotspots), secondo il quale l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), Frontex ed Europol devono lavorare sul terreno con gli Stati membri in prima linea per condurre con rapidità le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo. La creazione dei punti di crisi è, nelle intenzioni della Commissione e come più volte sostenuto in sede di Consiglio GAI, di supporto all'attuazione dei meccanismi di ricollocazione temporanea al fine di consentire agli Stati membri in prima linea di individuare con maggiore celerità le persone in evidente bisogno di protezione internazionale da ricollocare negli altri Stati membri.
L'accordo sulla creazione dei punti di crisi è stato raggiunto in occasione del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015, che ha fra l'altro invitato la Commissione a redigere, in stretta cooperazione con gli Stati membri ospitanti, una tabella di marcia sugli aspetti giuridici, finanziari e operativi di tali strutture. La tabella è stata trasmessa agli Stati membri il 15 luglio 2015(7) .
L'Agenda europea sulla migrazione ha evidenziato che la crisi migratoria nel Mediterraneo ha rivelato molti dei limiti strutturali della politica migratoria dell'Unione e degli strumenti di cui questa dispone. Pertanto, oltre alle azioni immediate, la Commissione ha definito un nuovo approccio strategico per gestire meglio la migrazione a medio e lungo termine, basato su quattro pilastri: 1. ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare; 2. salvare vite umane e garantire la sicurezza delle frontiere esterne; 3. una politica comune europea di asilo forte; 4. una nuova politica di migrazione legale.
Il primo pacchetto di misure
Il primo pacchetto di misure nell'ambito dell'Agenda è stato presentato il 27 maggio 2015 e comprende:
Una proposta di decisione del Consiglio sulle misure provvisorie di ricollocazione per l'Italia e la Grecia (COM(2015)286), poi formalmente adottata in occasione del Consiglio straordinario Giustizia e affari interni (GAI) del 14 settembre, dopo che il Parlamento europeo aveva dato il proprio consenso nella seduta plenaria del 9 settembre 2015. La decisione (UE) 2015/1523 istituisce un meccanismo di ricollocazione temporanea ed eccezionale, su un periodo di due anni, di 40.000 richiedenti con evidente bisogno di protezione internazionale, di cui 24.000 dall'Italia e 16.000 dalla Grecia.
Come proposto dalla Commissione, è stato in tal modo attivato il sistema di risposta di emergenza previsto dall'articolo 78, paragrafo 3, del TFUE, attraverso un meccanismo temporaneo per la distribuzione delle persone con evidente bisogno di protezione internazionale, al fine di garantire la partecipazione "equa ed equilibrata di tutti gli Stati membri allo sforzo comune". L'articolo prevede una procedura legislativa speciale nel caso in cui uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi. In tal caso il Consiglio, su proposta della Commissione europea, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati, deliberando a maggioranza qualificata, previa consultazione del Parlamento europeo. In base a tale meccanismo, lo Stato membro di accoglienza sarà competente per l'esame della domanda secondo le norme e le garanzie vigenti. La chiave di redistribuzione proposta è stabilita su criteri quali il PIL, la popolazione, il tasso di disoccupazione e numero passato di richiedenti asilo e di rifugiati reinsediati.
La raccomandazione (UE) 2015/914 relativa a un programma di reinsediamento europeo, nella quale si invitano gli Stati membri a reinsediare, in un periodo di due anni, 20.000 persone provenienti da Paesi non appartenenti all'UE e con evidente bisogno di protezione internazionale secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). In occasione del Consiglio GAI del 20 luglio 2015 i ministri hanno trovato un accordo in merito al reinsediamento, attraverso programmi multilaterali e nazionali, di 22.504 persone e hanno accolto con favore la disponibilità degli Stati associati a partecipare agli sforzi in tal senso.
Un Piano d'azione dell'UE contro il traffico di migranti (2015-2020) (COM(2015)285), contenente misure volte a trasformare il traffico di migranti in un'attività ad alto rischio e basso rendimento potenziando le indagini e il perseguimento delle reti criminali di trafficanti.
Le Linee guida sull'applicazione delle norme del regolamento EURODAC relative all'obbligo di rilevare le impronte digitali (SWD(2015)150), in cui viene definito un approccio comune basato sulle buone pratiche al fine di facilitare il rilevamento sistematico delle impronte digitali dei richiedenti protezione internazionale al momento dell'arrivo.
Il pacchetto di settembre 2015
Il 9 settembre 2015 la Commissione ha presentato un nuovo pacchetto di misure connesse all'Agenda europea sulla migrazione:
La proposta di decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia, della Grecia e dell'Ungheria (COM(2015)451), poi adottata in occasione del Consiglio straordinario GAI del 22 settembre 2015, previo il consenso del Parlamento europeo del 17 settembre 2015. La decisione (UE) 2015/1601 istituisce misure temporanee, per un periodo di due anni, nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, e non anche dell'Ungheria come nella proposta originaria, prevedendo che 120.000 richiedenti vengano ricollocati negli altri Stati membri, di cui 15.600 richiedenti dall'Italia, 50.400 richiedenti dalla Grecia e, a decorrere dal 26 settembre 2016, 54.000 richiedenti proporzionalmente dall'Italia e dalla Grecia. La decisione specifica tuttavia che, entro la stessa data, la Commissione potrà presentare proposte volte a modificare il meccanismo di ricollocazione, se giustificate dall'evoluzione della situazione sul terreno nonché dall'evoluzione della pressione sugli Stati membri, in particolare gli Stati membri in prima linea (su cui vd. infra).
Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di ricollocazione in caso di crisi e modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide (COM(2015)450)(8) . La Commissione intende modificare il regolamento (UE) n. 604/2013 (cd. Regolamento Dublino III) attraverso l'istituzione di un meccanismo di ricollocazione di crisi quale quadro permanente in grado di gestire in modo strutturale ed efficace le situazioni critiche nel settore dell'asilo. A tal fine, conferisce alla Commissione europea il potere di adottare atti delegati, a norma dell'articolo 290 del TFUE, finalizzati all'attivazione del meccanismo di ricollocazione di crisi nonché alla sospensione dello stesso nei confronti di uno specifico Stato membro.
La proposta è all'esame del gruppo Asilo del Consiglio dell'UE dove l'iter negoziale risulta ostacolato dalle perplessità manifestate da molti Stati membri circa l'opportunità di far avanzare i lavori sul meccanismo permanente di ricollocazione prima di disporre di una valutazione dei meccanismi temporanei di ricollocazione.
Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un elenco comune dell'UE di Paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE (COM(2015)452)(9) . La proposta intende consentire un esame più rapido delle domande d'asilo di candidati provenienti da Paesi che tutta l'Unione considera sicuri e accelerarne il rimpatrio qualora la valutazione individuale della domanda confermi che non sussistono le condizioni per la concessione dell'asilo. Nella lista dei Paesi di origine sicuri proposti dalla Commissione figurano Albania, Bosnia Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Kosovo, Montenegro, Serbia e Turchia.
In sede d'esame della proposta di regolamento, alcuni Stati membri hanno manifestato perplessità sull'inclusione della Turchia in tale lista, e l'iter della proposta stessa ha subito un forte rallentamento.
Un Piano d'azione dell'UE sul rimpatrio (COM(2015)453), che definisce le misure immediate e le misure a medio termine che gli Stati membri devono adottare per favorire il rimpatrio volontario, rafforzare l'attuazione della direttiva rimpatri, migliorare la condivisione delle informazioni, rafforzare il ruolo e il mandato di Frontex nelle operazioni di rimpatrio e creare un regime integrato di gestione dei rimpatri. In parallelo, la Commissione ha adottato un Manuale sul rimpatrio con l'intento di offrire alle autorità nazionali competenti istruzioni pratiche per l'esecuzione del rimpatrio dei migranti che non hanno diritto di restare nell'Unione europea.
Il Consiglio GAI dell'8 ottobre 2015 ha adottato specifiche Conclusioni "sul futuro della politica di rimpatrio", sottolineando in particolare che l'attuazione coerente ed efficace di una politica per il rimpatrio di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, nel rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone interessate, nonché del diritto al non respingimento (non-refoulement), è "elemento indispensabile della politica globale dell'UE in materia di migrazione". Il Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015 ha stabilito di intensificare l'attuazione della direttiva rimpatri da parte degli Stati membri e di creare, entro la fine dell'anno, un apposito Ufficio rimpatri all'interno di Frontex per rafforzare il sostegno agli Stati membri. Il Consiglio europeo del 17 e 18 dicembre 2015 ha sollecitato le istituzioni e gli Stati membri ad adottare, con urgenza, misure concrete per garantire i rimpatri e la riammissione delle persone non autorizzate a soggiornare nell'UE.
Le Conclusioni adottate in occasione del Consiglio europeo del 17 e 18 marzo 2016 hanno invitato gli Stati membri a impiegare tutti i mezzi disponibili per sostenere le capacità della Grecia di rimpatriare i migranti irregolari in Turchia nel contesto del protocollo di riammissione greco-turco e dell'accordo di riammissione UE-Turchia, dal 1° giugno 2016.
In occasione del vertice UE- Turchia del 29 novembre 2015 è stata adottata una Dichiarazione comune ed è stato avviato un Piano d'azione comune per far fronte alla crisi dei rifugiati provocata dalla situazione in Siria. L'Unione europea e la Turchia hanno inoltre convenuto di rilanciare il processo di adesione della Turchia all'UE. In particolare, l'UE si è impegnata a mettere a disposizione della Turchia un importo iniziale di 3 miliardi di euro di risorse supplementari per aiutarla a far fronte all'elevato numero di rifugiati siriani attualmente nel Paese. Con l'attuazione del Piano d'azione, le parti si sono impegnate a intensificare la loro cooperazione attiva sui migranti che non necessitano di protezione internazionale, al fine di impedire i viaggi verso la Turchia e l'UE, di garantire l'applicazione delle disposizioni bilaterali vigenti in materia di riammissione e procedere al rimpatrio rapido nei rispettivi Paesi di origine. Le parti hanno inoltre convenuto di applicare, a partire dal giugno 2016, l'accordo di riammissione.
Il vertice è stato seguito da altre due riunioni, il 7 e il 18 marzo 2016, con l'adozione di Dichiarazioni finali che hanno, fra l'altro, ribadito l'impegno ad attuare il Piano d'azione comune attivato il 29 novembre(10) . Sui seguiti dell'accordo UE-Turchia vedi infra.
Da ultimo, il Consiglio GAI del 9 giugno 2016 ha adottato specifiche conclusioni sul rimpatrio e la riammissione dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, ribadendo la necessità di intensificare i rimpatri dalla Grecia verso la Turchia, con l'assistenza di Frontex e dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO).
Una comunicazione sulle norme degli appalti pubblici per le misure di sostegno dei rifugiati (COM(2015)454)), la quale contiene indicazioni rivolte alle autorità nazionali, regionali e locali su come fornire i servizi necessari per rispondere ai bisogni più impellenti dei richiedenti protezione internazionale, nel rispetto della normativa dell'UE.
La comunicazione "Affrontare la crisi dei rifugiati in Europa: il ruolo dell'azione esterna dell'UE" (JOIN(2015)40), in cui la Commissione ribadisce la centralità della dimensione esterna nella gestione dei flussi migratori.
La comunicazione "Un fondo fiduciario per l'Africa" (C(2015)7293), in cui si chiede lo stanziamento di 1,8 miliardi di euro, attinti dal bilancio dell'Unione, allo scopo di istituire un Fondo fiduciario di emergenza per la stabilità e per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare in Africa. Il "Fondo fiduciario di emergenza per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa" è stato lanciato in occasione del vertice sulla migrazione tenutosi a La Valletta l'11 e 12 novembre 2015(11) .
Il 10 dicembre 2015 la Commissione europea ha adottato otto decisioni su procedimenti di infrazione per mancato recepimento e attuazione del sistema europeo comune di asilo, che fanno seguito alle 40 decisioni adottate il 23 settembre 2015 e vanno ad aggiungersi ai 34 casi pendenti, su violazioni potenziali o effettive della normativa dell'UE in materia di asilo. In particolare, la Commissione ha invitato Grecia, Croazia e Italia ad attuare correttamente il regolamento Eurodac(12) che dispone l'effettivo rilevamento delle impronte digitali dei richiedenti asilo e la trasmissione dei dati al sistema centrale dell'Eurodac entro 72 ore. L'efficace attuazione di tale regolamento è ritenuta, infatti, essenziale per il funzionamento del sistema Dublino e dei meccanismi di ricollocazione dell'UE.
Di seguito le principali comunicazioni presentate negli ultimi mesi e che danno seguito all'Agenda europea sulla migrazione:
Ricollocazione e reinsediamento
Per rispondere alle richieste di Svezia e Austria per una sospensione temporanea dei rispettivi obblighi in materia di ricollocazione, la Commissione ha presentato:
una proposta di decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio della Svezia (COM(2015)677), del 15 dicembre 2015. La decisione è stata adottata il 9 giugno 2016 e sospenderà per un anno gli obblighi in capo alla Svezia in quanto Stato di ricollocazione ai sensi delle decisioni (UE) 2015/1523 e (UE) 2015/1601;
una proposta di decisione di esecuzione del Consiglio relativa alla sospensione temporanea della ricollocazione del 30% dei richiedenti assegnati all'Austria a norma della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio (COM(2016)80), del 10 febbraio 2016. La decisione è stata adottata dal Consiglio il 10 marzo 2016, consentendo quindi all'Austria di beneficiare di una sospensione di un anno per la ricollocazione di 1.065 richiedenti.
Il 21 marzo 2016, la Commissione ha presentato una proposta di decisione del Consiglio (COM(2016)171) di modifica alla decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, al fine di mettere a disposizione per il reinsediamento, o altre forme di ammissione legale dalla Turchia, altri 54.000 posti, inizialmente previsti per la ricollocazione.
La modifica proposta tiene conto degli sforzi compiuti dagli Stati membri ammettendo cittadini siriani presenti in Turchia mediante reinsediamento, ammissione umanitaria o altre forme di ammissione legale, ai fini del numero dei richiedenti protezione internazionale da ricollocare nel loro territorio a norma della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio. Per quanto concerne i 54.000 richiedenti (di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), della decisione (UE) 2015/1601), consentirà quindi agli Stati membri di sottrarre dal numero di richiedenti ricollocati a loro assegnato il numero di cittadini siriani presenti in Turchia ammessi nel loro territorio mediante reinsediamento, ammissione umanitaria o altre forme di ammissione legale a titolo di programmi nazionali o multilaterali diversi dal programma di reinsediamento istituito a norma delle conclusioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del 20 luglio 2015. Prevede inoltre l'applicazione dell'articolo 10 della decisione (UE) 2015/1601, di modo che agli Stati membri che faranno uso di tale meccanismo sia corrisposta la somma di 6.500 euro.
Il 13 luglio 2016 la Commissione ha adottato la quinta relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (COM(2016)480), valutando le azioni intraprese nell'ultimo mese (dal 14 giugno all'11 luglio).
La relazione è l'ultima presentata e rende conto dei progressi compiuti per quanto riguarda i meccanismi di ricollocazione di emergenza e di reinsediamento.
1. La prima relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (COM(2016)165) è stata adottata dalla Commissione il 16 marzo 2016.
La relazione evidenziava che, per rispettare il numero di impegni già assegnati (106.000) con le due decisioni del Consiglio sulla ricollocazione(13) , avrebbero dovuto essere realizzate mediamente nei rimanenti 18,5 mesi almeno 5.679 ricollocazioni mensili (l'obiettivo comporta una media di circa 187 trasferimenti al giorno e una procedura di ricollocazione che duri al massimo due settimane). La Commissione aveva quindi valutato che entro il 16 aprile, data della sua seconda relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento, avrebbero dovuto essere portate a termine almeno 6.000 ricollocazioni e che, intensificando il ritmo, entro il 16 maggio, data della terza relazione, avrebbero dovuto essere portate a termine almeno 20.000 ricollocazioni, in considerazione della situazione umanitaria di emergenza.
2. Nella seconda relazione (COM(2016)222), presentata il 12 aprile, la Commissione rilevava che i risultati della ricollocazione erano stati fino a quel momento nel complesso insoddisfacenti e che pochi passi avanti erano stati fatti rispetto a marzo.
La seconda relazione riferiva quindi che l'obiettivo non era stato raggiunto: nel periodo di riferimento, erano state ricollocate soltanto 208 persone in più, raggiungendo un totale di 1.145 richiedenti ricollocati dalla Grecia e dall'Italia, e solo pochi Stati membri e Paesi associati avevano contribuito agli sforzi di ricollocazione (a fronte delle 35.000/40.000 persone idonee alla ricollocazione presenti in Grecia). La Commissione ha esortato pertanto gli Stati membri a intensificare i loro sforzi di ricollocazione per alleviare i problemi umanitari in Grecia e per impedire che la situazione peggiori anche in Italia, dove è in corso un aumento dei flussi migratori.
La relazione ha giudicato invece "discreti" i progressi compiuti per quanto concerne il reinsediamento. Ha esortato tuttavia gli Stati membri a rispettare i propri impegni in tempi brevi, anche alla luce della Dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016, in particolare del punto d'azione n. 2, in base al quale "per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia all'UE tenendo conto dei criteri di vulnerabilità delle Nazioni Unite". In particolare, la seconda relazione evidenziava che, secondo le informazioni trasmesse dagli Stati membri e dagli Stati associati al sistema Dublino, dall'inizio del programma di reinsediamento europeo, stabilito il 20 luglio 2015, delle 22.504 persone da reinsediare, ne erano state reinsediate 5.677 in 15 Stati membri. Nel breve periodo in cui era stato applicato il meccanismo concordato con la Turchia (la relazione fa riferimento al 4 aprile 2016) 37 cittadini siriani erano stati reinsediati in Germania, 11 in Finlandia e 31 nei Paesi Bassi. La Commissione ha previsto che, in seguito alla Dichiarazione UE-Turchia, la maggior parte dei circa 16.800 posti rimanenti per il reinsediamento dovrebbe quindi destinarsi a persone provenienti dalla Turchia. La Commissione riferiva infine che, congiuntamente agli Stati membri e alle autorità turche e in coordinamento con l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), erano in corso procedure operative standard accelerate per attuare con la Turchia la parte del programma "1:1".
3. Il 18 maggio 2016 la Commissione ha presentato una terza relazione sulla ricollocazione e il rensediamento (COM(2016)360).
La relazione ha reso conto dei progressi compiuti fino al 13 maggio 2016 e ha valutato le misure adottate dagli Stati membri ai fini dell'attuazione del meccanismo di ricollocazione di emergenza e del programma europeo di reinsediamento, sottolineando che i progressi dalla seconda relazione risultavano ancora insoddisfacenti.
L'obiettivo posto nella prima relazione di ricollocare almeno 20.000 persone entro metà maggio non era stato realizzato: solo 355 persone in più erano state ricollocate durante l'ultimo periodo d'esercizio, portando a 1.500 il numero totale di richiedenti ricollocati, di cui 909 dalla Grecia e 591 dall'Italia, e gli sforzi in materia di ricollocazione erano stati compiuti solo da alcuni Stati membri e Stati associati Schengen. In base alle ultime informazioni disponibili, la Commissione riferiva che nella Grecia continentale si trovavano circa 46.000 richiedenti asilo e migranti, in attesa che la loro situazione venisse esaminata (la Grecia stava mettendo in atto un'operazione di pre-registrazione con l'obiettivo di portare a termine l'identificazione e la registrazione completa dei candidati alla ricollocazione). Per quanto concerne l'Italia, si prevedeva un aumento del numero di arrivi dovuto al miglioramento delle condizioni meteorologiche, e la Commissione sollecitava al riguardo un sostegno da parte di tutti gli Stati membri. Tutti gli Stati erano stati inoltre invitati a impegnarsi più attivamente nella ricollocazione e negli impegni in funzione delle rispettive assegnazioni, con un particolare riguardo alla ricollocazione dei minori non accompagnati.
Nel quadro del meccanismo di reinsediamento del 20 luglio 2015, in base alle informazioni ricevute dagli Stati partecipanti, al 13 maggio 2016 risultavano reinsediate 6.321 persone in 16 Stati (Austria, Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia, Svizzera e Regno Unito). Per quanto riguarda in particolare il numero di reinsediamenti dalla Turchia, questo risultava in progressivo aumento, con 177 siriani reinsediati dal 4 aprile 2016. La Svezia ne aveva ricevuto il numero più alto (55), seguita dalla Germania (54), dai Paesi Bassi (52), dalla Finlandia (11) e dalla Lituania (5). Altre 723 richieste erano già state accettate e i richiedenti stavano aspettando di essere trasferiti verso 7 diversi Stati membri dell'UE. La Commissione riferiva inoltre che 19 Stati membri e uno Stato associato avevano indicato di voler destinare circa 12.200 posti per il reinsediamento dalla Turchia. Di questi, si prevedeva che sarebbero stati portati a termine circa 1.900 reinsediamenti nel periodo compreso fra maggio e luglio 2016, a condizione che vi fosse un numero corrispondente di siriani rinviati dalla Grecia nel quadro del meccanismo 1:1.
4. Il 15 giugno 2016 la Commissione ha adottato la quarta relazione sui progressi compiuti per quanto riguarda i meccanismi di ricollocazione e di reinsediamento, valutando le azioni intraprese nell'ultimo mese di riferimento (COM(2016)416).
Per quanto riguarda la ricollocazione, durante il periodo oggetto della relazione, dal 13 maggio al 14 giugno, la relazione riferiva che erano state ricollocate altre 780 persone, quasi il doppio rispetto al periodo precedente, con un totale di 2.280 persone ricollocate, di cui 1.503 dalla Grecia e 777 dall'Italia. La Commissione sottolineava, tuttavia, che l'obiettivo fissato di ricollocare 6.000 persone al mese era ancora molto lontano (la media mensile di ricollocazioni dalla Grecia era di 260-300 persone) e che i maggiori sforzi erano stati profusi dagli Stati membri che erano stati fino a quel momento i più attivi nell'ambito del programma di ricollocazione. In Italia, il numero di trasferimenti e di impegni rimaneva particolarmente basso se confrontato con il sempre maggior afflusso di migranti: 14.852 persone dal 13 maggio, con il 35% dei nuovi arrivi di nazionalità eritrea, e quindi ammissibili alla ricollocazione (secondo i dati forniti dal Ministero dell'Interno, risultavano presenti sul territorio italiano 4.000 eritrei). In Grecia, dal 13 maggio vi erano stati 876 arrivi, con una diminuzione che, secondo la Commissione, sembrava dovuta all'attuazione dell'accordo UE-Turchia (risultavano presenti circa 57.000 migranti, di cui 8.450 sulle isole e circa 49.000 sul continente, in attesa nelle strutture ufficiali di accoglienza temporanea di essere registrati e che il loro caso venisse esaminato). La relazione riferiva che l'8 giugno il Servizio greco per l'asilo aveva avviato, con il sostegno finanziario della Commissione e il supporto in loco dell'EASO e dell'UNHCR, un'operazione di pre-registrazione di vasta portata che dovrebbe interessare 1.400 persone al giorno, in modo da accelerare l'identificazione dei candidati alla ricollocazione e il trattamento completo dei rispettivi casi. Si prevedeva quindi che nei mesi seguenti sarebbe stato pronto per la ricollocazione un gran numero di richiedenti asilo supplementari (con il 60-65% delle persone pre-registrate di nazionalità ammissibili alla ricollocazione). La relazione ha invitato quindi gli Stati membri a ridurre i tempi di risposta alle richieste di ricollocazione, in quanto elemento essenziale per attuare con successo il programma di ricollocazione, e a intensificare la ricollocazione delle persone vulnerabili, in particolare i minori non accompagnati (si osservava come i controlli di sicurezza allunghino notevolmente i tempi di risposta, che a volte superano il termine di due mesi).
Per quanto concerne il reinsediamento, il numero di reinsediati dalla Turchia nel quadro degli accordi UE-Turchia risultava in costante aumento e la Commissione prevedeva un'ulteriore crescita nei mesi seguenti, tenuto conto che gli Stati membri completeranno gradualmente le valutazioni dei casi ad essi attribuiti attraverso l'UNHCR. Dal 4 aprile 2016 risultavano, infatti, reinsediati dalla Turchia nell'UE 511 siriani, di cui 330 a partire dalla terza relazione, con un aumento del numero degli Stati membri partecipanti attivamente al programma (oltre a Finlandia, Germania, Lituania, Paesi Bassi e Svezia, erano stati effettuati reinsediamenti anche in Italia, Lussemburgo e Portogallo). D'altra parte, nel quadro del programma di reinsediamento concordato il 20 luglio 2015, in base alle informazioni ricevute dagli Stati partecipanti, al 10 giugno 2016 risultavano reinsediate 7.272 persone provenienti prevalentemente da Turchia, Libano e Giordania, le quali sono state accolte da 19 Stati di reinsediamento (Austria, Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Svezia, Svizzera e Regno Unito).
La quinta relazione conferma la tendenza positiva osservata nell'ultima relazione, grazie all'aumento dell'impegno degli Stati membri in materia di ricollocazione e di reinsediamento.
Dal 14 giugno sono state ricollocate altre 776 persone e il numero totale di ricollocazioni dalla Grecia e dall'Italia risulta essere attualmente pari a 3.056 (di cui 2.213 dalla Grecia e 843 dall'Italia). L'obiettivo fissato dalla Commissione di ricollocare 6.000 persone al mese rimane tuttavia lontano, in quanto gli Stati membri ancora non adempiono agli impegni assunti a norma delle decisioni del Consiglio sulla ricollocazione (il ritmo dei trasferimenti di ricollocazione dalla Grecia è aumentato durante il periodo oggetto della relazione, in particolare grazie a un maggiore impegno di vari Stati membri e alla maggiore capacità del servizio greco per l'asilo di trattare richieste di ricollocazione; la ricollocazione dall'Italia è invece diminuita e si mantiene su un livello particolarmente basso rispetto al numero sempre elevato di potenziali candidati alla ricollocazione che stanno arrivando).
La Commissione invita quindi gli Stati membri a intensificare i loro sforzi, in particolare per quanto riguarda i minori non accompagnati, e a rispettare pienamente i loro impegni e obblighi conformemente alle decisioni del Consiglio sulla ricollocazione.
Per quanto concerne il reinsediamento, la Commissione rileva che importanti risultati sono stati raggiunti, con 8.268 persone finora reinsediate delle 22.504 concordate nell'ambito del programma del 20 luglio 2015, e con un totale di 802 rifugiati siriani reinsediati dalla Turchia nell'ambito della dichiarazione UE-Turchia.
La relazione riferisce che, in base alle informazioni ricevute dagli Stati partecipanti, le 8.268 persone reinsediate nell'ambito del programma di reinsediamento 2015 provengono prevalentemente da Turchia, Libano e Giordania. Queste sono state accolte da 20 Stati di reinsediamento (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Spagna, Svezia e Svizzera).
Riferisce, inoltre, che il numero di reinsediamenti dalla Turchia nell'ambito della dichiarazione UE-Turchia ha continuato ad aumentare durante il periodo oggetto della relazione (gli Stati membri hanno valutato i candidati indicati dalla Turchia attraverso l'UNHCR) e che, degli 802 siriani reinsediati dal 4 aprile 2016, 291 sono stati reinsediati a partire dall'ultima relazione, con un aumento del numero degli Stati membri partecipanti attivamente al programma (oltre a Finlandia, Germania, Lituania, Paesi Bassi, Svezia, Italia, Lussemburgo e Portogallo, sono stati effettuati reinsediamenti anche in Lettonia e Spagna).
La Commissione evidenzia che gli arrivi in Grecia si mantengono su un livello basso (1.694 persone, secondo dati Frontex), vista l'attuazione della dichiarazione UE-Turchia e che si è invece registrato un incremento negli arrivi in Italia, secondo una tendenza di tipo stagionale, con 24.977 persone dall'11 giugno, di cui più di 2.000 sono di nazionalità eritrea.
La Commissione invita quindi gli Stati membri a proseguire e a intensificare i propri sforzi, e a dar seguito a quanto ribadito nelle conclusioni del Consiglio europeo del 28 giugno 2016. Sollecita inoltre il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottare quanto prima il "quadro permanente in materia di reinsediamento" (su cui vd. infra), presentato contestualmente alla relazione, il quale mira a semplificare e rafforzare le capacità di reinsediamento dell'UE.
Contrasto alla migrazione irregolare e gestione delle frontiere
Ai fini del contrasto alla migrazione irregolare e di una gestione più efficace delle frontiere esterne dell'Unione europea, sono state adottate le seguenti misure:
Il 15 dicembre 2015 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla guardia costiera e di frontiera europea e che abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio (COM(2015)671)(14) .
La proposta intende istituire una Guardia costiera e di frontiera europea che provveda a una gestione europea integrata delle frontiere esterne, attraverso una gestione efficace della migrazione e la garanzia di un livello elevato di sicurezza interna nell'Unione europea, salvaguardando nel contempo la libera circolazione delle persone al suo interno. La Guardia costiera e di frontiera europea dovrebbe essere composta da un'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera e dalle autorità nazionali preposte alla gestione delle frontiere, comprese le guardie costiere nella misura in cui svolgono compiti di controllo di frontiera, secondo il principio di responsabilità condivisa.
Consiglio, Parlamento e Commissione hanno raggiunto un accordo il 21 giugno 2016 (la Commissione aveva dichiarato l'importanza di adottare la proposta al massimo entro giugno, "in modo che la Guardia costiera e di frontiera europea possa iniziare a funzionare in estate"(15) , e il Consiglio europeo di febbraio 2016 aveva invitato Consiglio e Parlamento europeo a raggiungere un accordo politico entro la fine della presidenza dei Paesi Bassi). Il 22 giugno il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) ha confermato, a nome del Consiglio, il testo di compromesso.
Il 6 luglio il Parlamento europeo ha approvato il testo in prima lettura (P8_TA(2016)0305) e lo ha quindi inviato al Consiglio che, il 14 settembre 2016, ha dato la sua approvazione definitiva. La guardia costiera e di frontiera europea dovrebbe quindi iniziare le attività il 6 ottobre 2016.
Il 6 aprile 2016 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingresso e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di Paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea e che determina le condizioni di accesso al sistema di ingressi/uscite a fini di contrasto e che modifica il regolamento (CE) n. 767/2008 e il regolamento (UE) n. 1077/2011 (COM(2016)194).
La proposta riveduta di regolamento relativo all'istituzione di un sistema di ingressi/uscite (EES) intende sostituire l'attuale sistema di timbratura manuale dei passaporti con l'obiettivo di accelerare, facilitare e rafforzare le procedure di controllo di frontiera per i cittadini di Paesi terzi diretti nell'Unione europea.
Al fine di consentire una gestione efficace dei soggiorni di breve durata autorizzati e una maggiore automazione dei controlli alle frontiere, individuando i documenti contraffatti e le false identità, il sistema dovrebbe essere applicato a tutti i cittadini di Paesi terzi ammessi per un soggiorno di breve durata nello spazio Schengen (non superiore a 90 giorni nell'arco di 180 giorni). Il sistema dovrebbe comprendere la registrazione dei nomi, il tipo di documento di viaggio e i dati biometrici, nonché la data e il luogo di ingresso e di uscita, nonché i respingimenti.
Nella stessa data la Commissione ha inoltre presentato una proposta riveduta di regolamento che modifica il codice frontiere Schengen (COM(2016)196), al fine di integrare le modifiche tecniche derivanti dal sistema di ingressi/uscite proposto, e una comunicazione sui sistemi di informazione più sicuri e intelligenti per le frontiere e la sicurezza (COM(2016)205), che esamina i modi in cui i sistemi di informazione possono diventare più efficienti ed efficaci al fine di rafforzare la gestione delle frontiere esterne e la sicurezza interna nell'UE (la comunicazione analizza come migliorare i sistemi attuali, individua le lacune esistenti e sottolinea la cruciale importanza dell'interoperabilità nel rispetto delle garanzie in materia di protezione dei dati).
La riforma del sistema comune europeo di asilo
Il 6 aprile 2016 la Commissione ha adottato una comunicazione intitolata "Riformare il sistema europeo comune di asilo e potenziare le vie legali di accesso all’Europa" (COM(2016)197), in cui ha esposto, in linea con l'Agenda europea sulle migrazioni, le priorità per migliorare il sistema europeo comune di asilo (CEAS). La Commissione ha quindi annunciato una riforma progressiva del quadro attuale, al fine di stabilire un sistema sostenibile ed equo di determinazione dello Stato membro competente per i richiedenti asilo, rafforzare il sistema Eurodac, raggiungere una maggiore convergenza nel sistema di asilo, prevenendo così i movimenti secondari, e introdurre un mandato rafforzato per l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO).
Il 4 maggio 2016 la Commissione europea ha quindi presentato un primo pacchetto di proposte legislative di riforma del sistema europeo comune di asilo.
1. La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide (rifusione) (COM(2016)270) intende riformare il cd. regolamento Dublino III attraverso un nuovo sistema di distribuzione delle domande di asilo fra gli Stati membri che si dimostri "più equo, più efficiente e più sostenibile".
I criteri e i meccanismi di determinazione dello "Stato membro competente" per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide sono attualmente stabiliti dal regolamento
(UE) n. 604/2013 (cd. regolamento Dublino III), entrato in vigore il 1° gennaio 2014(16) .
In base al regolamento, la responsabilità dell’esame di una domanda incombe principalmente allo Stato membro che ha svolto il ruolo maggiore relativamente all’ingresso o al soggiorno del richiedente. I criteri per stabilire tale responsabilità sono, in ordine gerarchico, considerazioni di natura familiare, il possesso recente di un visto o permesso di soggiorno in uno Stato membro, l’ingresso regolare o irregolare del richiedente nell’Unione europea. In particolare, l'art. 13 stabilisce che, quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e di circostanze indiziarie, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale (tale responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera).
Fra i principali obiettivi della proposta sono la creazione di:
un sistema più equo basato sulla solidarietà, per mezzo di un meccanismo di assegnazione correttivo ("meccanismo di equità"). Il nuovo sistema prevede che venga automaticamente stabilito quando uno Stato membro si trova a far fronte a un numero sproporzionato di richieste di protezione internazionale. Per far ciò, si farà riferimento alle dimensioni e alla ricchezza dello Stato in questione.
Nel caso in cui uno Stato si trovi ad affrontare un afflusso sproporzionato di migranti, che superi il 150% della quota di riferimento, tutti i nuovi richiedenti protezione internazionale (indipendentemente dalla nazionalità), dopo una verifica dell’ammissibilità della domanda presentata, verranno ricollocati in altri Stati membri fino a quando il numero di domande non sarà ridisceso al di sotto di quel livello. Gli Stati membri avranno inoltre la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento. In tal caso, dovranno versare un contributo di solidarietà di 250.000 euro allo Stato membro in cui è ricollocato il richiedente del quale sarebbero stati responsabili ai sensi del meccanismo di equità;
un meccanismo che tenga conto degli sforzi di reinsediamento (il meccanismo di equità valuterà anche gli sforzi compiuti da uno Stato membro per reinsediare persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un Paese terzo) e che riconosca gli sforzi compiuti per istituire percorsi sicuri e legali di accesso all’Unione europea;
un sistema più efficiente, con termini più brevi per l’invio delle richieste di trasferimento, per il ricevimento delle risposte e per l’esecuzione dei trasferimenti dei richiedenti protezione internazionale fra gli Stati membri;
obblighi giuridici più chiari per i richiedenti protezione internazionale, compreso il dovere di rimanere nello Stato membro competente per la loro richiesta, limiti geografici alla fornitura di benefici materiali legati all’accoglienza e conseguenze proporzionate in caso di violazione delle norme, al fine di prevenire gli abusi e i movimenti secondari;
una maggiore protezione degli interessi dei richiedenti protezione internazionale, con maggiori garanzie per i minori non accompagnati e un ampliamento della definizione di "familiari".
Il pacchetto di misure legislative presentato dalla Commissione il 4 maggio comprende inoltre:
2. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Agenzia dell’Unione europea per l’asilo e abroga il regolamento (UE) n. 439/2010(17) (COM(2016)271), al fine di trasformare l’attuale Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) in una vera e propria agenzia europea per l’asilo, con un mandato rafforzato e funzioni ampliate per affrontare le carenze strutturali che dovessero emergere nell’applicazione del sistema di asilo dell’UE.
Fra i nuovi compiti dell’agenzia vi sarà quello di avvalersi delle quote di riferimento per applicare il meccanismo di equità nel quadro del nuovo sistema di Dublino. Essa dovrebbe anche garantire una maggiore convergenza nella valutazione delle domande di protezione internazionale nell’intera Unione, rafforzando la cooperazione pratica e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e promuovendo il diritto dell’Unione e le norme operative in materia di procedure di asilo, condizioni di accoglienza ed esigenze di protezione.
3. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l' "Eurodac" per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del [regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide], per l'identificazione dei cittadini di un Paese terzo o apolidi soggiornanti illegalmente e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (rifusione) (COM(2016)272), attraverso la quale rafforzare la banca dati delle impronte digitali dell’UE al fine di gestire al meglio il sistema di asilo e contribuire a contrastare la migrazione irregolare.
La proposta prevede di ampliare il campo di applicazione del regolamento Eurodac per includere la possibilità per gli Stati membri di salvare e consultare dati di cittadini di Paesi terzi o di apolidi che non richiedono protezione internazionale e il cui soggiorno irregolare nell’UE viene scoperto, e identificarli ai fini del rimpatrio e riammissione.
Nel pieno rispetto delle norme sulla protezione dei dati, la proposta consente inoltre agli Stati membri di salvare più dati personali in Eurodac, quali nomi, date di nascita, nazionalità, particolari sull’identità o documenti di viaggio, e immagini dei volti delle persone, in modo da aumentare le informazioni nel sistema e permettere alle autorità di immigrazione e asilo di identificare facilmente un cittadino irregolare di un Paese terzo o un richiedente asilo senza dover richiedere le informazioni ad un altro Stato membro separatamente (come avviene attualmente).
Per portare a termine la riforma del sistema europeo comune di asilo, il 13 luglio 2016 la Commissione ha presentato un secondo pacchetto di proposte legislative, dichiarando la propria intenzione di "istituire un sistema di asilo europeo solido, coerente e integrato, basato su norme comuni e armonizzate che siano pienamente conformi alle norme di protezione internazionale della convenzione di Ginevra e agli strumenti per la tutela dei diritti fondamentali". Nel complesso, le proposte mirano a semplificare e abbreviare il processo decisionale, a ridurre i movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale e a favorire l'integrazione delle persone cui viene riconosciuto il diritto a tale protezione.
Il pacchetto si compone delle seguenti proposte:
1. Una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione) (COM(2016)465).
La Commissione propone di riformare la direttiva sulle condizioni di accoglienza (direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) per fare in modo che i richiedenti asilo possano beneficiare di standard di accoglienza armonizzati e dignitosi in tutta l'UE e prevenire in tal modo i movimenti secondari.
Principali obiettivi della riforma sono:
armonizzare ulteriormente le condizioni di accoglienza. Gli Stati membri dovranno applicare gli standard e gli indicatori sulle condizioni di accoglienza sviluppati a livello di UE e provvedere all'elaborazione e all'aggiornamento costante di piani di emergenza al fine di assicurare una capacità di accoglienza sufficiente e adeguata, anche in situazioni di pressione eccessiva. Dovranno inoltre fornire maggiori garanzie comuni ai richiedenti asilo con esigenze particolari e ai minori non accompagnati, i quali saranno affidati a un tutore entro cinque giorni dalla presentazione della domanda;
ridurre i movimenti secondari, chiarendo che le condizioni di accoglienza saranno fornite unicamente nello Stato membro responsabile (la Commissione ritiene essenziale che i richiedenti protezione internazionale rimangano nello Stato membro competente e non fuggano). A tal fine, sono ulteriormente armonizzate le norme relative alla possibilità per gli Stati membri di assegnare ai richiedenti un luogo di residenza o di imporre loro l'obbligo di presentazione regolare dinanzi alle autorità, nonché sulla facoltà concessa agli Stati membri di ridurre le condizioni materiali di accoglienza o di sostituire le indennità finanziarie con "condizioni materiali di accoglienza fornite in natura". Nel caso in cui il richiedente non rispetti l'obbligo di risiedere in un determinato luogo, e qualora sussista il rischio di fuga, gli Stati membri potranno avvalersi del trattenimento;
favorire l'autonomia e l'integrazione dei richiedenti. La proposta prevede tempi più brevi per l'accesso al mercato del lavoro, al più tardi entro sei mesi dalla presentazione della domanda di asilo, e che tale accesso avvenga nel pieno rispetto delle norme del mercato del lavoro.
2. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta e recante modifica della direttiva 2003/109/CE, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (COM(2016)466).
La proposta intende far sì che i richiedenti asilo godano dello stesso tipo di protezione, indipendentemente dallo Stato membro in cui presentano la domanda e per tutto il tempo necessario. Al fine di armonizzare gli standard di protezione nell'UE e porre fine ai movimenti secondari, la Commissione propone di sostituire la direttiva qualifiche vigente (direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta) con un regolamento.
In particolare, la proposta prevede:
una maggiore armonizzazione nei criteri di riconoscimento. La Commissione intende far convergere maggiormente i tassi di riconoscimento e le forme di protezione, armonizzando il tipo di protezione e la durata dei permessi di soggiorno concessi ai beneficiari di protezione internazionale. Viene, fra l'altro, previsto l'obbligo per gli Stati membri di valutare se il richiedente possa beneficiare di protezione all'interno del Paese d'origine(18) ;
una maggiore convergenza delle decisioni prese dagli Stati membri. In particolare, questi dovranno tener conto degli orientamenti forniti dalla futura Agenzia dell'Unione europea per l'asilo - in conformità a quanto previsto nella citata proposta di regolamento COM(2016)271(19) - per quanto riguarda la situazione nel Paese d'origine del richiedente asilo, nel pieno rispetto del principio di non respingimento;
che la protezione sia garantita solo per il tempo necessario. Viene introdotta una revisione obbligatoria dello status che, fra l'altro, tenga conto dei cambiamenti sopraggiunti nel Paese di origine che potrebbero influire sulla necessità di protezione;
norme più severe contro i movimenti secondari. La proposta prevede, fra l'altro, che il periodo di attesa (di cinque anni) assegnato ai beneficiari di protezione internazionale per ottenere lo status di residente di lungo periodo, a norma della direttiva 2003/109/CE, sarà conteggiato da capo ogni volta che la persona interessata si trovi in uno Stato membro in cui non ha il diritto di soggiornare o risiedere;
un'ulteriore armonizzazione dei diritti dei beneficiari di protezione internazionale, al fine di incentivarne maggiormente l'integrazione. Sono precisati i diritti e gli obblighi per quanto riguarda la sicurezza sociale e l'assistenza sociale (in particolare, l'accesso a determinate forme di assistenza sociale potrà essere subordinata all'effettiva partecipazione dei beneficiari di protezione internazionale a misure di integrazione).
3. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una procedura comune nell'Unione e che abroga la direttiva 2013/32/UE (COM(2016)467).
La proposta intende sostituire la vigente direttiva sulle procedure di asilo (direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale) con un regolamento che stabilisca una procedura UE comune pienamente armonizzata per la protezione internazionale. In particolare, la proposta mira a:
rendere le procedure di asilo più semplici, chiare e brevi. Viene mantenuto il termine di sei mesi per l'adozione delle decisioni. Sono tuttavia introdotti termini più brevi (da uno a due mesi), in particolare per le domande di asilo inammissibili o palesemente infondate o per i casi in cui è prevista l'applicazione della procedura accelerata. Sono inoltre introdotte nuove scadenze per la presentazione dei ricorsi (da una settimana a un mese) e per le decisioni nella prima fase di ricorso (da due a sei mesi);
rafforzare le garanzie procedurali a salvaguardia dei diritti dei richiedenti asilo. La proposta intende garantire il diritto a un colloquio individuale e all'assistenza e alla rappresentanza legale gratuite già nel corso della procedura amministrativa. I richiedenti con esigenze particolari e i minori non accompagnati dovranno essere affidati a un tutore entro cinque giorni dalla presentazione della domanda;
garantire norme più severe per combattere gli abusi. La proposta introduce nuovi obblighi di cooperazione con le autorità e prevede conseguenze più severe in caso di mancato rispetto degli stessi. L'applicazione di sanzioni in caso di abuso della procedura, omessa collaborazione e movimenti secondari - finora facoltativa - è resa obbligatoria. Le sanzioni comprendono il rigetto della domanda perché implicitamente ritirata o palesemente infondata o l'applicazione della procedura accelerata;
armonizzare le norme sui Paesi sicuri. La Commissione intende rendere obbligatoria l'applicazione del concetto di Paese sicuro. Propone in proposito di sostituire completamente le designazioni nazionali dei Paesi di origine sicuri e dei Paesi terzi sicuri con elenchi europei o designazioni a livello UE, entro cinque anni dall'entrata in vigore del regolamento.
4. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di reinsediamento dell’Unione e che modifica il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio(20) (COM(2016)468).
La Commissione europea propone un quadro dell’UE in materia di reinsediamento per istituire una "politica comune europea in materia di reinsediamento" intesa a garantire alle persone che necessitano di protezione internazionale canali organizzati e sicuri di accesso all'Europa.
La proposta si inserisce nella riforma del sistema europeo comune di asilo e nelle politiche a lungo termine per una migliore gestione della migrazione delineate nell’Agenda europea sulla migrazione e in cui la Commissione aveva preannunciato, sulla scia della raccomandazione per un programma di reinsediamento dell'UE (vd. sopra) "un approccio legislativo vincolante e obbligatorio per il periodo successivo al 2016". Essa dovrebbe inoltre contribuire all’attuazione del nuovo "quadro di partenariato", orientato ai risultati per la cooperazione con i principali Paesi terzi di origine e di transito, presentato dalla Commissione il 7 giugno 2016.
Obiettivo della proposta è quello di istituire un meccanismo orizzontale per l'avvio di iniziative mirate di reinsediamento dell'UE, definendo norme comuni a livello europeo per l'accesso e la ripartizione, lo status da accordare alle persone reinsediate e in materia di sostegno finanziario, le quali dovrebbero andare ad aggiungersi alle altre misure volte a scoraggiare i movimenti secondari.
Il numero di persone da reinsediare ogni anno continuerà a essere stabilito dagli Stati membri, ma la Commissione ritiene che l’Unione nel suo complesso avrà un impatto maggiore grazie al coordinamento degli sforzi nazionali e a un'azione sinergica: il futuro quadro di reinsediamento dovrà, infatti, essere attuato attraverso piani annuali dell'Unione, adottati dal Consiglio e resi operativi tramite programmi di reinsediamento mirati, adottati dalla Commissione. Tali piani stabiliranno le priorità geografiche generali individuando le aree da cui prenderà avvio il processo di reinsediamento e il numero complessivo massimo di persone da reinsediare l'anno successivo, sulla base della partecipazione e dei contributi degli Stati membri e dei Paesi associati a Schenghen nel piano annuale di reinsediamento specifico.
I criteri da prendere in considerazione per determinare le regioni o i Paesi terzi da cui avrà luogo il reinsediamento comprendono: il numero di persone che necessitano di protezione internazionale in Paesi terzi, le relazioni complessive tra l'UE e i Paesi terzi e l'effettiva cooperazione in materia di asilo e migrazione, compreso lo sviluppo del loro sistema di asilo e la cooperazione in materia di migrazione irregolare, riammissione e rimpatrio.
Il nuovo quadro dell’UE per il reinsediamento definirà l'insieme delle procedure standard comuni per la selezione e il trattamento dei candidati al reinsediamento, i criteri comuni di ammissibilità, nonché i motivi comuni di esclusione dei candidati e la procedura (ordinaria o accelerata) da seguire.
Per sostenere gli Stati membri negli sforzi di reinsediamento nel quadro di detti programmi, la Commissione intende destinare 10.000 euro del bilancio UE per ogni persona reinsediata. I fondi saranno assegnati nell’ambito del Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF), mentre i reinsediamenti che avverranno al di fuori del quadro di reinsediamento dell’Unione non saranno finanziati dal bilancio dell’UE.
Un nuovo modello di migrazione legale
Nell'Agenda europea sulla migrazione la Commissione ha sottolineato che la politica in materia di migrazione deve essere sostenuta da efficaci politiche di integrazione e che, sebbene la competenza in questo campo spetti in primo luogo agli Stati membri, l’Unione europea "può favorire le iniziative prese dai governi nazionali, dalle autorità locali e dalla società civile che intraprendono il complesso e lungo processo di promozione dell’integrazione e della fiducia reciproca".
In attuazione dell'Agenda, il 7 giugno 2016 la Commissione ha quindi presentato un Piano d'azione sull'integrazione dei cittadini di Paesi terzi (COM(2016)377) e una proposta di direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (COM(2016)378).
Obiettivo del piano d'azione sull'integrazione è quello di delineare il quadro politico e le misure di sostegno comuni (a livello operativo e finanziario) che dovrebbero aiutare gli Stati membri a sviluppare e rafforzare ulteriormente le politiche nazionali di integrazione per i cittadini di Paesi terzi. La Commissione ritiene, infatti, fondamentale per il benessere, la prosperità e la coesione futuri delle società europee assicurare ai cittadini di Paesi terzi la possibilità di offrire il proprio contributo economico e sociale alle comunità di accoglienza.
Il documento di lavoro dei servizi della Commissione, pubblicato contestualmente al piano d'azione, sulla valutazione economica della crisi dei rifugiati ("An economic take on the refugee crisis") rileva in proposito come un'integrazione efficace e rapida contribuisca a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, ad affrontare le sfide demografiche e a migliorare la sostenibilità di bilancio e che, molto probabilmente, i costi della mancata integrazione supererebbero i costi degli investimenti nelle politiche d'integrazione.
Pur considerando le politiche di integrazione di competenza nazionale, il Piano d'azione evidenzia come, nel contesto attuale, molti Stati membri si trovino ad affrontare sfide analoghe fra loro e che quindi un intervento a livello di Unione europea, attraverso un sostegno strutturale e finanziario, costituisce un valore aggiunto.
Le aree individuate come prioritarie per un'effettiva integrazione sono quindi le seguenti:
misure di integrazione che precedano la partenza e l’arrivo, con particolare attenzione ai rifugiati soggetti a reinsediamento;
l’istruzione;
l’occupazione e la formazione professionale;
l'accesso ai servizi di base;
la partecipazione attiva e l’inclusione sociale.
Il successo delle politiche di integrazione viene inoltre attribuito al rapporto fra un approccio strategico e coordinato e l’uso dei fondi UE a sostegno di misure di integrazione nazionali. Come già sottolineato nell'Agenda, tali finanziamenti provengono principalmente dal Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF), ma la Commissione sottolinea che anche il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE) possono offrire contributi importanti.
Con la decisione n. 2007/435/CE del Consiglio, del 25 giugno 2007, era stato istituito il Fondo europeo per l'integrazione di cittadini di Paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell'ambito del programma generale "Solidarietà e gestione dei flussi migratori", con una dotazione di 825 milioni di euro. Per il corrente periodo di programmazione (2014-2020), l'AMIF ha una dotazione finanziaria fissata a 3.137 miliardi di euro(21) (765 milioni di euro sono stanziati dagli Stati membri ai fini dell'integrazione nell'ambito dei rispettivi programmi nazionali AMIF).
La Commissione dichiara infine che un particolare sostegno dovrà essere riservato all’integrazione nel mercato del lavoro con strumenti volti a migliorare le competenze dei migranti e a riconoscere e mettere a profitto le qualifiche di cui questi sono già in possesso.
Contestualmente al Piano d'azione, la Commissione ha presentato la citata proposta di riforma della Carta blu UE con la quale si prefigge di migliorare la capacità dell’Unione di attirare e trattenere cittadini di Paesi terzi altamente qualificati, muovendo dalla considerazione che, in base all'andamento demografico attuale, nel futuro vi sarà sempre più la necessità di attrarre nuovi talenti(22) .
Nell'Agenda europea sulla migrazione la Commissione aveva preannunciato un programma a livello dell’UE per attirare cittadini di Paesi terzi altamente qualificati. Riferiva che la direttiva sulla Carta blu del 2009(23) ha già previsto un regime di questo tipo, ma che nei suoi primi due anni di vigenza sono state emesse solo 16.000 Carte blu, di cui 13.000 da un unico Stato membro.
La proposta attuale ribadisce che il sistema della Carta blu del 2009 si è finora dimostrato inadeguato e poco attraente ed è stato pertanto sottoutilizzato (solo il 31% dei migranti con un livello di istruzione elevato che giunge in un paese OCSE sceglie l'UE come destinazione), a causa in particolare delle condizioni di ammissione restrittive e dell’esistenza di norme, condizioni e procedure parallele a livello nazionale.
Per garantire che la Carta blu sia uno strumento efficace, atto ad agevolare l'ingresso di lavoratori altamente qualificati, le modifiche proposte sono tese a sviluppare un approccio comune più armonizzato a livello europeo che comprenda in particolare: condizioni di ammissione più flessibili; il miglioramento e la semplificazione delle procedure di ammissione; il rafforzamento dei diritti, compresi il diritto alla mobilità all'interno dell'UE. Oltre alle modifiche legislative, la Commissione ha inoltre dichiarato di voler pubblicizzare meglio la Carta blu in modo che datori di lavoro e migranti siano pienamente consapevoli dei vantaggi da questa offerti.
Le principali misure previste sono le seguenti:
viene introdotto un unico sistema a livello dell'Unione per il lavoro altamente qualificato, al fine di sostituire i regimi nazionali paralleli e rendere il sistema più chiaro e visibile ai richiedenti e ai datori di lavoro;
si propone di semplificare le procedure e di dare la possibilità di effettuare viaggi di lavoro più brevi (fino a 90 giorni) negli Stati membri in cui è in uso la Carta blu, per incrementare la mobilità all’interno dell’UE;
viene abbassata la soglia salariale, creando uno spettro flessibile che permetta agli Stati membri di adeguarla ai mercati del lavoro nazionali, con condizioni specifiche per i neo-laureati di Paesi terzi e i lavoratori in settori con scarsità di manodopera;
viene estesa anche ai beneficiari di protezione internazionale che siano altamente qualificati la possibilità di chiedere il rilascio della Carta blu;
la proposta intende infine rafforzare i diritti dei titolari della Carta blu, consentendo loro una via d'accesso più rapida allo status di soggiornante di lungo periodo e un accesso immediato e più flessibile al mercato del lavoro, e dei loro familiari, cui dovrebbe essere garantita la possibilità di trasferirsi nell'UE contemporaneamente al titolare.
Secondo la Commissione, il nuovo sistema della Carta blu genererebbe un impatto economico positivo stimato tra 1,4 e 6,2 miliardi di euro, grazie all'ingresso in UE di nuovi lavoratori altamente qualificati. In linea con i trattati dell’UE, agli Stati membri continuerà a essere riservata la competenza in merito all'ammissione di migranti economici. Gli Stati potranno inoltre eseguire una valutazione del mercato del lavoro, di cui si terrà conto in caso di perturbazioni gravi, quali elevati livelli di disoccupazione in una determinata professione o settore o anche in parte del territorio nazionale.
Il Migration Compact
Il 15 aprile scorso, il Presidente del Consiglio Renzi ha trasmesso al Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e al Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, un non paper italiano che intende offrire un contributo a una strategia dell'Unione europea per l'azione esterna in materia di migrazioni, annunciandone l'invio contestuale anche al Presidente del Parlamento europeo, al Primo ministro olandese e, per il tramite del Ministro degli esteri, all'Alta Rappresentante Mogherini.
Nella lettera che accompagna il non paper, intitolato "Migration Compact", viene evidenziato come le crescenti criticità nella gestione dei flussi di migranti verso l'Unione europea, e in particolare la chiusura, non sempre adeguatamente motivata, delle frontiere da parte di alcuni Stati membri, nonché il rifiuto di condividere gli oneri nella gestione dei flussi, mettano seriamente a rischio la tenuta dell'Unione.
Le proposte e le misure già intraprese dalla Commissione sono appoggiate con convinzione dall'Italia: dalla istituzione di una Guardia di Frontiera e Costiera europea alla riforma del sistema di Dublino; dalle decisioni sulle ricollocazioni all'intenzione di scorporare i costi sostenuti per la gestione della crisi migratoria dal calcolo del deficit e dal computo della spesa pubblica previsto dal Patto di stabilità; perché tuttavia tali misure possano dare risultati concreti, è necessario che, in parallelo, si approdi a politiche migratorie non più emergenziali, ma ordinate e strategiche. Un ruolo fondamentale, in tale prospettiva, acquista la dimensione esterna delle questioni migratorie, incentrata sul rafforzamento della cooperazione con i Paesi terzi di provenienza e di transito.
Nella stesura del Migration Compact, il Governo ha tenuto conto in particolare delle esperienze recenti, a partire dall'accordo UE-Turchia, salutato come "un primo concreto tentativo di cooperazione allargata e rafforzata con un Paese terzo che, seppure concluso in una situazione di urgenza, e per questo perfettibile, dimostra come sia possibile mettere a punto linee d'azione efficaci nella gestione dei flussi dei migranti". Il non paper sottolinea come peraltro tale accordo non possa e non debba rimanere un evento isolato, anche per evitare che venga a determinarsi "uno squilibrio in termini di risorse e capitale politico impegnato rispetto ad altre aree geografiche non meno importanti".
Il non paper è centrato sull'idea "di sviluppare un modello di offerta ai Paesi partner all'interno del quale alle misure proposte da parte UE (supporto finanziario e operativo rafforzato) corrispondano impegni precisi in termini di efficace controllo alle frontiere, riduzione dei flussi di migranti, cooperazione in materia di rimpatri/riammissioni, rafforzamento del contrasto al traffico di esseri umani".
Tale modello, incentrato sul principio del more for more e sull'introduzione di specifiche condizionalità per un accesso rafforzato agli strumenti di cooperazione finanziaria e aiuto allo sviluppo, può conoscere una prima, significativa implementazione già attraverso una maggior focalizzazione delle risorse e degli strumenti esistenti in direzione dei paesi prioritari (in primis, dunque, i Paesi africani di origine e transito) e un miglioramento degli strumenti di governance, con particolare riferimento all'aggiornamento e potenziamento dell'Approccio globale in materia di migrazione e mobilità, alla revisione dei partenariati con i Paesi ACP, all'ulteriore sviluppo delle linee tracciate dal Piano d'azione della Valletta, dall'Accordo UE-Turchia e dai dialoghi che l'UE sta promuovendo a livello regionale (Processi di Khartoum e Rabat in particolare).
L'Approccio globale in materia di migrazione e mobilità (GAMM) è stato lanciato dalla Commissione europea con una comunicazione del 18 novembre 2011 (COM (2011) 743), il cui obiettivo è il rafforzamento delle politiche esterne dell'UE in materia di migrazione e mobilità. Si articola in quattro pilastri, di pari importanza: l'organizzazione e agevolazione della migrazione legale e della mobilità; la prevenzione e riduzione della migrazione irregolare e della tratta degli esseri umani; la promozione della protezione internazionale e il rafforzamento della dimensione esterna della politica d'asilo; l'aumento dell'incidenza della migrazione e della mobilità sullo sviluppo.
La cooperazione con i Paesi ACP si basa a tutt'oggi sull'Accordo di Cotonou, accordo di partenariato di durata ventennale, firmato il 23 giugno 2000 e che sostituiva la IV e ultima Convenzione di Lomè. L'Accordo è fondato sul rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello Stato di diritto, sulla buona gestione degli affari pubblici, o buon governo, ed è arricchito da un approfondimento del dialogo politico e un rafforzamento della cooperazione economica e finanziaria attraverso Accordi di partenariato (APE) con i singoli Stati. Tra gli elementi di maggior rilievo del sistema-Cotonou vi è la disposizione di cui all'art. 13.5 dell'Accordo, che recita testualmente, tra l'altro: "ciascuno Stato ACP accetta il rimpatrio dei propri cittadini presenti illegalmente sul territorio di uno Stato membro dell'Unione europea e li riammette sul proprio territorio su richiesta di detto Stato membro e senza ulteriori formalità". Tale disposizione è richiamata anche nel Migration Compact, per evidenziare la necessità che a essa sia data piena e concreta attuazione.
Il Piano d'azione di La Valletta(24) , adottata al termine dell'omonimo Vertice, tenutosi l'11 e 12 novembre 2015, si pone un insieme ambizioso di obiettivi: affrontare le cause profonde della migrazione adoperandosi per contribuire alla creazione di pace, stabilità e sviluppo economico; migliorare il lavoro di promozione e organizzazione di canali di migrazione legale; rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo, in particolare dei gruppi vulnerabili; contrastare in maniera più efficace lo sfruttamento e il traffico di migranti; collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione. Per contribuire all'attuazione di tali misure, in occasione del Vertice di La Valletta è stato lanciato un "Fondo fiduciario d'emergenza dell'Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa", con una dotazione di 1,8 miliardi di euro provenienti dagli strumenti di finanziamento a carico del bilancio dell'UE, nonché dai contributi degli Stati membri e di altri donatori.
Per quanto riguarda i principali strumenti di dialogo regionale, il processo di Rabat, lanciato in occasione della prima conferenza interministeriale UE-Africa su migrazione e sviluppo tenutasi nel luglio 2006, riunisce i governi di 55 paesi europei e africani (Africa settentrionale, occidentale e centrale) insieme alla Commissione europea e alla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS), e mira a intensificare il dialogo e la cooperazione tra Paesi d'origine, di transito e di destinazione lungo la rotta migratoria dell'Africa occidentale.
Il processo di Khartoum (iniziativa UE-Corno d'Africa in materia di rotte migratorie) è stato lanciato durante il semestre di presidenza italiana dell'Unione, nel novembre 2014, sulla falsariga del processo di Rabat, e coinvolge i paesi d'origine e transito del Corno d'Africa (Sudan, Sud Sudan, Etiopia, Eritrea, Somalia, Gibuti e Kenia) e i principali Paesi di transito mediterranei (Egitto, Libia e Tunisia). A guidarlo, un comitato direttivo composto da cinque Stati membri dell'UE (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Malta) e cinque Paesi partner (Egitto, Eritrea, Etiopia, Sud Sudan e Sudan), nonché dalla Commissione europea, dal SEAE e dalla Commissione dell'Unione africana.
Infine, la Dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016(25) , nel ribadire l'impegno ad attuare il Piano d'azione già concordato tra le parti il 29 novembre 2015, ha posto in essere ulteriori sforzi comuni per porre fine alla migrazione irregolare dalla Turchia verso l'UE, smantellare il modello di attività dei trafficanti e offrire ai migranti un'alternativa al mettere a rischio la propria vita. A tal fine, le controparti hanno concordato, tra l'altro: il rimpatrio in Turchia di tutti i nuovi migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche a decorrere dal 20 marzo 2016, nel pieno rispetto del diritto dell'UE e internazionale ed escludendo pertanto qualsiasi forma di espulsione collettiva; il reinsediamento, per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche, di un altro siriano, tenendo conto dei criteri di vulnerabilità delle Nazioni Unite; l'accelerazione della tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti con tutti gli Stati membri, in vista della soppressione dell'obbligo di visto per i cittadini turchi al più tardi entro la fine di giugno del 2016; l'accelerazione dell'erogazione, per assicurare il finanziamento di una prima serie di progetti entro la fine di marzo, dei 3 miliardi di euro inizialmente stanziati, e la mobilitazione, una volta che tali risorse siano state pienamente utilizzate, di ulteriori finanziamenti per altri 3 miliardi entro la fine del 2018; il rilancio del processo di adesione della Turchia all'Unione europea, attraverso l'apertura in aprile di un nuovo capitolo negoziale. Si ricorda che il 15 giugno la Commissione europea ha presentato la seconda relazione sui progressi raggiunti nell'attuazione della Dichiarazione UE-Turchia - COM (2016) 349 - (una prima relazione era stata presentata il 20 aprile, COM 2016) 231), nella quale si evidenzia una forte riduzione degli attraversamenti irregolari del Mare Egeo (con un calo della media giornaliera da 1.740 unità a 47, dopo il 1° maggio). Si ricorda altresì come dal 20 marzo, data di prima applicazione della Dichiarazione, siano stati rinviati in Turchia dalla Grecia 462 migranti irregolari che non hanno presentato domanda di asilo, compresi 31 siriani, mentre nell'ambito del piano di reinsediamento 1:1 sono stati reinsediati dalla Turchia 511 siriani, un numero dunque molto superiore a quello dei rinviati dalla Grecia.
Il Migration Compact sottolinea tuttavia anche la necessità di andare oltre l'esistente, prevedendo in particolare "nuove e innovative fonti di finanziamento utili anche per coprire i costi futuri dell'accordo con la Turchia".
Tra gli strumenti considerati fondamentali per il rafforzamento della dimensione esterna delle politiche migratorie e da finanziare e gestire dunque a livello europeo, il Governo individua in prima battuta un piano straordinario di rimpatri e un insieme di azioni di supporto legale, logistico, finanziario e infrastrutturale per la gestione dei flussi nei paesi partner, anche attraverso uno screening accurato in loco tra rifugiati e migranti economici.
Più nel dettaglio, la nuova strategia dell'Unione per l'azione esterna in materia di migrazioni dovrebbe prendere le mosse dall'identificazione dei Paesi partner fondamentali e dalla definizione del tipo di cooperazione da instaurare con ciascuno di essi, sulla base delle differenti caratteristiche dei flussi migratori (origine, transito, origine e transito) e delle differenti condizioni di base (quadro socioeconomico, sicurezza interna, impatto dei cambiamenti climatici ecc.). Tale processo di mappatura (cui la Commissione e il SEAE stanno provvedendo attraverso fiches per Paese, attualmente ancora allo stadio di bozza non divulgabile) dovrebbe essere accompagnato da una valutazione, congiunta e condotta in pieno spirito di co-ownership, dei bisogni dei singoli Paesi, essenziale per la predisposizione di specifici Piani d'azione nazionali.
Ciascun Piano d'azione, fondato sul principio del more for more, dovrebbe tradursi in un'offerta specifica, ma anche in un insieme di impegni assunti dal Paese terzo.
L'Unione europea dovrebbe poter offrire, in particolare:
Progetti di investimento a forte impatto sociale e infrastrutturale, da sostenere attraverso una riprogrammazione degli strumenti finanziari dell'azione esterna (Fondo europeo di sviluppo, Strumento per la cooperazione allo sviluppo, Strumento europeo di vicinato) e la creazione di un nuovo Fondo dell'Unione per gli investimenti nei Paesi terzi;
Eurobond per l'Africa, onde consentire l'accesso dei Paesi africani ai mercati dei capitali (con una prospettiva di medio-lungo termine), e altre forme innovative di finanziamento (che favoriscano in particolare le rimesse e il loro reinvestimento), da studiare e attivare in sinergia con la BEI e altri organismi finanziari europei e internazionali;
Cooperazione nel settore della sicurezza, attraverso il rafforzamento degli aspetti connessi alle questioni migratorie (gestione e controllo delle frontiere, dogane, cooperazione penale, gestione dei migranti e dei rifugiati nel rispetto degli standard internazionali) nel mandato delle missioni PSDC esistenti e future in Africa (con particolare riferimento a Sahel e Corno d'Africa). Per le missioni stesse andrebbe pensato un "raggruppamento" su base regionale, onde consentire una migliore gestione di un fenomeno - quello migratorio - che ha un'evidente dimensione transfrontaliera;
Maggiori opportunità di migrazione legale, da concretizzare attraverso l'istituzione di quote d'ingresso per i lavoratori; informazioni più complete sulle opportunità lavorative in Europa per cittadini di Paesi terzi; misure che precedano la partenza (dall'apprendimento della lingua del paese di destinazione alla formazione professionale), in collaborazione con le imprese europee che intendano utilizzare i suddetti cittadini come forza lavoro; comparazione della domanda e dell'offerta di lavoro; integrazione professionale e sociale negli Stati membri ospiti; rafforzamento dei programmi Erasmus Plus per studenti e ricercatori. A tali misure dovrebbero accompagnarsi iniziative volte a rafforzare la migrazione circolare e a favorire la migrazione sud-sud;
Schemi di reinsediamento che consentano di compensare in tutto o in parte il peso sostenuto dai paesi che si impegnino a istituire sistemi nazionali di asilo in linea con gli standard internazionali.
L'Unione europea potrebbe invece chiedere, ai Paesi chiave con cui istituire una cooperazione rafforzata in materia di migrazioni:
Un impegno per un controllo efficace delle frontiere e una riduzione dei flussi verso l'Europa, cui l'UE dovrebbe contribuire con iniziative di capacity building. I Paesi terzi dovrebbero partecipare inoltre alle missioni UE di ricerca e salvataggio;
Una cooperazione in tema di rimpatri/riammissioni, basata su accordi operativi e lo scambio di funzionari, tra i Paesi terzi e gli Stati membri, onde accelerare le procedure di identificazione e l'emissione di documenti di viaggio. L'UE dovrebbe finanziare tali scambi, come anche programmi di reintegrazione per chi rientri nel paese d'origine, e fornire assistenza nello sviluppo di database biometrici e sistemi IT per i registri civili, mentre i Paesi terzi dovrebbero accettare i rimpatri anche attraverso voli charter organizzati dagli Stati membri individualmente o dalla Guardia di frontiera europea;
Una gestione strutturata dei flussi migratori e di rifugiati, con il supporto - anche in termini di logistica e infrastrutture - dell'Unione, finalizzato a garantire uno screening accurato e in situ dei rifugiati e dei migranti economici, accompagnato da misure di reinsediamento in Europa per coloro che necessitano di protezione internazionale e di rimpatrio per i migranti irregolari;
L'impegno, con il sostegno dell'UE e il supporto - in termini di expertise, delle organizzazioni internazionali più rilevanti, come l'UNHCR - a creare sistemi nazionali di asilo in linea con gli standard internazionali, che offrano protezione in situ a chi ne abbia necessità.
Infine, per implementare il nuovo approccio di azione esterna in materia di migrazioni, la nuova Guardia di Frontiera europea (e in particolare il nuovo Ufficio per i rimpatri) dovrebbe predisporre un piano (anche senza attendere l'entrata in vigore del regolamento che la istituisce) per operazioni congiunte di rimpatri/riammissioni, da finanziare attraverso il bilancio dell'Unione, e supportare operazioni di rimpatrio organizzate da Paesi terzi di transito verso Paesi terzi di origine (nei quali siano in vigore accordi di riammissione).
Le prime reazioni al Migration Compact
Va in primo luogo rilevato come, il 20 aprile 2016, il Presidente della Commissione europea Juncker abbia inviato una lettera al Presidente del Consiglio Renzi, nella quale esprime una valutazione molto positiva dell'iniziativa italiana, ricordando come il non paper sia assolutamente coerente con quella ricerca di un approccio compiutamente europeo alle politiche migratorie che la nuova Commissione ha posto immediatamente tra le sue priorità, e come la dimensione esterna delle migrazioni occupi un ruolo prominente nell'Agenda europea sulla migrazione.
Nella lettera, Juncker si sofferma in particolare sulla "necessità di guardare a modalità innovative per finanziare l'azione esterna dell'Unione nel settore delle migrazioni", aggiungendo che "questo è esattamente l'obiettivo del Fondo fiduciario UE-Africa, con una dotazione di 1,8 miliardi di euro, istituito in occasione del Vertice di La Valletta del novembre 2015 con lo scopo di accompagnare e rafforzare gli strumenti finanziari già esistenti a livello di Unione e di Stati membri". Il Fondo dovrebbe poter finanziare "progetti mirati ad affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e a promuovere la sicurezza e lo sviluppo economico", e ha già in corso investimenti per 350 milioni di euro, in aree quali la creazione di nuovi posti di lavoro, una migliore gestione delle migrazioni e il rafforzamento della sicurezza.
Juncker ha inoltre richiamato gli esiti del Consiglio europeo del 15 ottobre 2015, nel quale la Commissione è stata incaricata di accrescere l'azione di leva nel settore dei rimpatri e delle riammissioni, "utilizzando, laddove appropriato, il principio del more for more", e ha fatto presente di aver chiesto al Primo Vice Presidente Timmermans, in stretta consultazione con l'Alta Rappresentante Mogherini, di "predisporre una comunicazione sullo stato di attuazione degli aspetti esterni dell'Agenda europea sulla migrazione, che potrebbe fungere da base per le nostre discussioni durante il prossimo Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2016".
Il Migration Compact è stato al centro delle discussioni anche del Consiglio, nelle due formazioni Affari esteri (CAE) e Giustizia e Affari interni (GAI).
Il Consiglio Affari esteri ha discusso del non paper italiano nel quadro di un più ampio dibattito sugli aspetti esterni del fenomeno migratorio, tenutosi lo scorso 18 aprile. Nei propri interventi, tanto l'Alta Rappresentante Mogherini quanto il Ministro degli esteri olandese Koenders (reduce da una serie di visite in Mali, Ghana e Costa d'Avorio, nella quale ha potuto constatare una crescente attenzione da parte africana a una cooperazione in ambito migratorio), hanno espresso apprezzamento per l'iniziativa italiana e si sono soffermati sulla necessità di un maggior coinvolgimento degli Stati membri - e in primo luogo, di quelli che possono contare su una forte presenza in Nordafrica e nel Sahel - per la declinazione di una strategia che passi dalla piena attuazione dell'acquis di La Valletta per sfociare in una politica organica che ponga le materie migratorie al centro delle relazioni bilaterali con i paesi chiave nella gestione dei flussi.
Nell'illustrare il Migration Compact, il Ministro degli esteri Gentiloni ha sottolineato il carattere essenzialmente politico del documento italiano, il cui obiettivo è in primo luogo contribuire alla riflessione su come, sulla scia degli impegni intrapresi nell'ultimo anno, si possa passare da una gestione emergenziale dei flussi a una loro gestione più sistematica, organica e strategica, fondata su due obiettivi principali: destinare risorse economiche, logistiche e umane a una guardia costiera e di frontiera europea e a un piano europeo di rimpatri, e mettere in un pacchetto ("compact") quanto l'Unione potrebbe offrire, dai bond UE-Africa per ampliare la capacità di investimento a livello regionale, alla cooperazione nel settore della sicurezza, alla creazione di canali di migrazione legali verso l'Europa.
Il Migration Compact è stato oggetto di dibattito anche in occasione del Consiglio GAI del 21 aprile. In quella sede, il Commissario europeo Avramopoulos, nell'ambito di un intervento volto a illustrare la necessità di un'accelerazione delle procedure di ricollocazione e di un impegno dell'Italia finalizzato all'apertura degli hotspot previsti dalla roadmap in materia di gestione dei flussi e all'aumento dei posti disponibili per il trattenimento dei migranti economici da rimpatriare, si è soffermato a lungo sul tema del rafforzamento della cooperazione con i Paesi terzi di origine e di transito, in particolare in Africa, da perseguire seguendo il modello delle Country Fiches predisposte dalla Commissione e del non paper italiano, sul quale ha espresso giudizi estremamente positivi e che considera in piena sintonia con la strategia europea della Commissione.
Apprezzamento per il Migration Compact è stato espresso in particolare dal Ministro maltese e dal Segretario di Stato belga per l'asilo e la migrazione, ma indirettamente anche dai ministri di Austria e Repubblica ceca, favorevoli alla possibilità di replicare in Africa il modello dell'intesa con la Turchia.
Nell'illustrare il non paper, il Ministro dell'Interno Alfano ha evidenziato come il Migration Compact miri alla definizione di una strategia europea di cooperazione che faccia leva sugli strumenti già esistenti a livello dell'UE (rifocalizzandoli sulla priorità migratoria) e che preveda chiarezza negli impegni reciproci tra Unione e Paesi terzi e l'applicazione rigorosa del principio more for more, così da fare in modo che i Paesi in questione si impegnino di più nel controllo delle proprie frontiere, nella riammissione, nella lotta alla tratta e al traffico di migranti e nel dare accoglienza in loco alle persone bisognose di protezione, in linea con gli standard internazionali. Quanto alle proposte contenute nel non paper per raccogliere risorse finanziarie adeguate, il Ministro Alfano ha chiarito che, per l'Italia, l'importante è l'obiettivo da perseguire, più e prima che gli strumenti per realizzarlo: su questi ultimi si potranno valutare alternative purché basate su soluzioni europee, ad esempio nel contesto del bilancio dell'Unione.
Il nuovo quadro di partenariato con i paesi terzi
Lo scorso 7 giugno, al culmine di un ampio dibattito europeo nel quale rilevante è stato il contributo del Governo italiano, attraverso il Migration Compact, la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM (2016) 349) nella quale annuncia la sua intenzione di creare un nuovo quadro di partenariato volto a mobilitare e orientare l'azione e le risorse dell'UE nell'ambito dell'attività esterna di gestione della migrazione. A tale scopo, l'UE cercherà di concludere partenariati "su misura" con i principali paesi terzi di origine e di transito, utilizzando tutte le politiche e gli strumenti di cui dispone per ottenere risultati concreti e conferendo priorità al salvataggio di vite umane in mare, all'incremento dei rimpatri, nonché, in una prospettiva di più lungo termine, al sostegno allo sviluppo dei paesi terzi per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare.
Le principali caratteristiche del nuovo quadro di partenariato sono sintetizzabili in:
Un impegno mirato a migliorare il quadro legislativo e istituzionale sulla migrazione e a sviluppare la capacità di gestione delle frontiere, tramite una combinazione di incentivi positivi e negativi da integrare nelle politiche UE nel campo dello sviluppo e del commercio, per ricompensare i paesi disposti a collaborare in modo efficace nella gestione della migrazione e garantire che quelli che si rifiutano di farlo ne subiscano le conseguenze;
Un sostegno rafforzato, anche attraverso l'intensificazione dell'impegno profuso per l'attuazione del piano d'azione di La Valletta, compresi i suoi aspetti finanziari;
Lo smantellamento del modello operativo dei trafficanti di esseri umani, rendendo effettivi i rimpatri e avvalendosi dell'esperienza acquisita nell'ambito della cooperazione con la Turchia e i Balcani occidentali e con l'Operazione EUNAVFOR-MED Sophia;
La creazione di rotte legali, veri e propri percorsi alternativi verso l'Europa che dissuadano le persone dall'intraprendere viaggi pericolosi;
Il potenziamento dei mezzi finanziari, a partire da un incremento delle dotazioni del Fondo fiduciario per l'Africa per un ammontare di un miliardo di euro, di cui 500 milioni attinti alla riserva del Fondo europeo di sviluppo, e 500 richiesti agli Stati membri. La Commissione annuncia poi, per l'autunno del 2016, la presentazione di una proposta relativa a un nuovo fondo, gestito dalla BEI e ispirato al modello del Fondo per gli investimenti istituito per l'implementazione del Piano Juncker. A tal fine saranno mobilitati 3,1 miliardi di euro, che dovrebbero attivare investimenti complessivi pari a 31 miliardi: il doppio se gli Stati membri e gli altri partner verseranno un contributo equivalente a quello dell'UE.
Per quanto concerne il dibattito istituzionale sul nuovo quadro di partenariato, la comunicazione è stata presentata lo stesso 7 giugno al Parlamento europeo, in sessione plenaria, dal Vice presidente della Commissione Timmermans - il quale ha precisato che i primi partenariati verranno sottoscritti con un numero limitato di Paesi (Giordania, Libano, Niger, Nigeria, Senegal, Etiopia e Mali), che verrà mantenuto il sostegno a Tunisia e Libia e che dovrebbe essere possibile reperire allo scopo 8 miliardi di euro in cinque anni - e dall'Alta Rappresentante Mogherini, che si è soffermata soprattutto sulla necessità di dare una visione strategica alla risposta europea alla crisi migratoria, con un cambio di logica fondato sul riconoscimento che il fenomeno migratorio è globale e deve essere affrontato in maniera globale. Nel dibattito successivo, che ha visto l'intervento dei Capigruppo di quasi tutti i partiti politici europei, si segnalano tra l'altro gli interventi favorevoli dell'on. Weber (PPE), il quale ha precisato come non basti replicare con altri paesi gli accordi sottoscritti con la Turchia e occorra una risposta più mirata paese per paese e basata su un efficace sistema sanzionatorio che penalizzi i paesi poco desiderosi di cooperare, e dell'on. Pittella (S&D), che ha ricordato come, grazie al Governo italiano e alla Commissione europea, l'Africa sia finalmente diventata un'autentica priorità per l'Unione, e quello molto più critico dell'on. Verhofstadt (ALDE), che si è detto contrario ad accordi che ricalchino lo schema adottato con la Turchia (gravemente penalizzante per i migranti), e favorevole a vere e proprie partnership con i paesi terzi che prevedano, tra l'altro, la creazione di centri di accoglienza gestiti dalla UE in Libia, Egitto, Tunisia, Libano e Giordania.
Della comunicazione della Commissione si è discusso brevemente anche a margine del Consiglio GAI del 10 giugno, durante una colazione di lavoro dei ministri degli interni nella quale, condivisa la necessità di rafforzare un approccio onnicomprensivo dell'Unione, attraverso adeguati incentivi e lavorando con i paesi di origine e di transito in Africa, si è altresì sottolineata l'opportunità di un'ulteriore riflessione sugli aspetti finanziari, tanto immediati quanto futuri, contenuti nella comunicazione stessa.
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Note:
1) "Un nuovo inizio per l'Europa. Il mio programma per l'occupazione, la crescita, l'equità e il cambiamento democratico - Orientamenti politici per la prossima Commissione europea", Jean-Claude Juncker, Strasburgo, 15 luglio 2014.
2) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni "Agenda europea sulla migrazione" (COM(2015)240).
Per approfondimenti, si rimanda al Dossier n. 238-bis "L'Agenda europea sulla migrazione: stato di attuazione e prossime tappe", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica". Vd. inoltre la Nota n. 14/DE Audizione del Commissario per la Migrazione, gli Affari interni e la Cittadinanza Dimitris Avramopoulos "L'Agenda europea sulla migrazione" - Roma, 11 dicembre 2015, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica e dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati.
3) La Commissione ha comunque specificato che le azioni immediate proposte nella prima parte dell'Agenda dovrebbero servire come modello di reazione rapida nell'eventualità di crisi future alle frontiere esterne dell'Unione.
4) Decisione (PESC) 2015/778 del Consiglio relativa a un'operazione militare dell'Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED).
5) Decisione (PESC) 2015/972 del Consiglio, del 22 giugno 2015, relativa all'avvio dell'operazione militare dell'Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED).
6) Dal nome dato alla bambina nata sulla nave dell'operazione che ha salvato la madre il 22 agosto 2015 al largo delle coste libiche.
7) Vd. la Nota su Atti dell'Unione europea n. 18, "Punti di crisi e ricollocazione: il ruolo delle Agenzie europee", a cura del servizio Studi del Senato della Repubblica.
8) Per approfondimenti, vd. la Nota su Atti dell'Unione europea n. 26 "La proposta di un meccanismo permanente di ricollocazione", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
9) Vd. la Nota su Atti dell'Unione europea n. 27 "La proposta sui Paesi di origine sicuri", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
10) Per approfondimenti, si veda la Nota su Atti dell'Unione europea n. 47 "La Dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
11) Per approfondimenti, si rimanda alla Nota su Atti dell'Unione europea n. 31,"Vertice sulla migrazione di La Valletta - 11 e 12 novembre 2015", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
12) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l' "Eurodac" per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
13) Appare opportuno ricordare che, a seguito delle due decisioni del settembre 2015, 106.000 richiedenti asilo devono essere ricollocati entro il mese di settembre 2017, di cui 39.600 dall’Italia e 66.400 dalla Grecia. I restanti 54.000 dovrebbero essere ricollocati dall’Italia e dalla Grecia, tenendo conto della proposta di adeguamento del meccanismo di ricollocazione presentata dalla Commissione.
14) Per approfondimenti, si rimanda al Dossier europeo n. 23, "Guardia costiera e di frontiera europea - Proposta di regolamento COM(2015)671", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica e dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati.
15) Vd. la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, "Riformare il sistema europeo comune di asilo e potenziare le vie legali di accesso all'Europa", del 6 aprile 2016 (COM(2016)197).
16) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide.
17) Vd. il Regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo.
18) Tale valutazione è facoltativa a legislazione vigente.
19) In particolare gli artt. 8 e 10 della proposta.
20) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio.
21) Vd. il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio.
22) Per approfondimenti si rimanda alla Nota su Atti dell'Unione europea n. 60 "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
23) Vd. la direttiva 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati.
La dimensione esterna delle politiche migratorie
24) Si veda, in proposito, la Nota di lettura predisposta dal Servizio Studi del Senato.
25) Si veda, anche in proposito, l'apposita Nota di lettura predisposta dal Servizio Studi del Senato