Servizi e strumenti di governance dei Comuni per sostenere le vittime di sfruttamento lavorativo.

InCas
Giugno 2025


 

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Il rapporto completo (file PDF - 2,8 MB)

 

LA SINTESI

L’indagine “Servizi e strumenti di governance dei Comuni per sostenere le vittime di sfruttamento lavorativo” rappresenta la prima ricerca di carattere nazionale finalizzata a rilevare gli interventi locali di contrasto, prevenzione e sostegno alle vittime e/o potenziali vittime di sfruttamento lavorativo attivati/realizzati dai Comuni sopra i 15mila abitanti. Ma ha anche rappresentato, in linea con il Piano nazionale di contrasto al lavoro sommerso 2023-2025, l’occasione per approfondire, a partire dalla conoscenza degli Enti locali, gli aspetti legati alla presenza, gli ambiti e le forme di sfruttamento lavorativo nei territori coinvolti e al contempo tracciare un quadro nazionale d’insieme.

La rilevazione, condotta tra maggio e luglio 2024, ha visto una grande partecipazione da parte degli Enti locali: difatti, su un universo di 737 Comuni, ben 603 (pari all’81,8%) hanno completato e rinviato il questionario. Per area geografica: i 603 Comuni sono collocati soprattutto nel Nord-ovest (25,7%) e nel Sud (24,2%); la restante quota si distribuisce nel Centro (20,1%), nel Nord-est (19,9%) e nelle Isole (10,1%). Per fasce demografiche: il 79,3% ha tra i 15.000 e i 50.000 abitanti, il 13,8% tra i 50.000-100.000, il 4,6% tra 100.000-200.000 e il 2,3% oltre 200.000.

In merito al fenomeno, il 68,5% dei Comuni rispondenti (ossia 413 su 603) ha evidenziato, in base alla propria conoscenza ed esperienza maturata nell’ambito di servizi e attività realizzate, la presenza di settori lavorativi ad alto rischio di sfruttamento lavorativo sul proprio territorio comunale: il comparto agricolo viene indicato come maggiormente interessato dal fenomeno dal 43,1% dei Comuni, seguito dall’edilizia (33,5%), dal settore dei servizi di cura alla persona/assistenza familiare/lavoro domestico (30,5%), dalla ristorazione (29,9%) e, a più larga distanza, dal turismo (10%). Se il settore agricolo risulta essere ad alto rischio di sfruttamento in particolare per i Comuni della Puglia, del Veneto e della Sicilia, l’edilizia lo è soprattutto per i Comuni della Lombardia e della Campania mentre i servizi di cura vengono maggiormente menzionati dai Comuni della Lombardia. Il numero indicato dai Comuni rispondenti in merito alle persone vittime o potenziali vittime di sfruttamento lavorativo assistite, contattate o prese in carico è risultato pari a 20.445 nel corso dell’anno 2023.

In merito agli interventi, i risultati della ricerca mostrano che, al momento della rilevazione, sono 180 su 603 (pari al 29,9%) i Comuni con più di 15.000 abitanti direttamente o indirettamente interessati da interventi finalizzati a prevenire e contrastare lo sfruttamento lavorativo e/o sostenerne le vittime o potenziali vittime. Nello specifico, 118 Comuni (sui 180) hanno direttamente attivato o realizzato con altri enti presenti sul territorio interventi di questo tipo mentre 62 Comuni segnalano la presenza sui loro territori di servizi, progetti e/o strumenti di governance per prevenire e contrastare lo sfruttamento lavorativo non attivati dall’Amministrazione e nei quali il Comune stesso non è direttamente coinvolto.

Gli interventi finalizzati a contrastare lo sfruttamento lavorativo attivati o realizzati direttamente dai 118 Comuni sui propri territori (pari al 19,6% dei 603 rispondenti) rappresentano il cuore della ricerca e sono oggetto di apposite sezioni di approfondimento nel Rapporto articolate per tipologia di interventi. Il 49,2% dei Comuni (pari a 58 casi su 118) dichiara di aver attivato o realizzato servizi specifici (A), il 46,6% (pari a 55 casi su 118) strumenti di governance (B) e il 72,9% (pari a 86 casi su 118) progetti contro lo sfruttamento lavorativo (C).

A) In merito ai servizi di contrasto allo sfruttamento lavorativo implementati dai Comuni, dall’analisi dei dati risultano complessivamente implementati da parte di 58 Comuni 87 servizi di contrasto allo sfruttamento. Il panorama di azioni indicate risulta vasto ed eterogeneo:

- servizi di orientamento, ascolto, accompagnamento ai servizi, supporto sociosanitario, segretariato sociale, contrasto alla marginalità (incluso infopoint, sportelli e poli sociali)
- servizi specifici antitratta e antiviolenza afferenti al sistema nazionale di protezione
- servizi di emersione, identificazione, accoglienza e sostegno specificamente dedicati alle vittime/potenziali vittime
- servizi di orientamento e inserimento lavorativo e abitativo
- servizi di collocamento residenziale in emergenza
- servizi di prevenzione rivolte a minori stranieri non accompagnati.

La maggioranza dei servizi indicati (60,9%) ha carattere strutturale/continuativo mentre i servizi a termine rappresentano il 35,6%. Nel complesso si rileva l’esistenza di consistenti reti di collaborazioni dei Comuni con altri attori pubblici (principalmente altri Enti locali e, in minor misura, Regione, ASL, Ministeri, Centri per l’Impiego) e privati/enti del terzo settore presenti sul territorio (collaborazioni, suggellate anche da protocolli e accordi formali) ma anche di servizi più complessi che mettono in gioco risorse esterne e competenze diverse.

Sotto l’aspetto finanziario, nel 21,9% dei casi i servizi sono sovvenzionati con risorse proprie dei Comuni mentre nella maggior parte dei casi vengono finanziati combinando risorse proprie del Comune con risorse esterne (50%) e con risorse esterne nel 28,1% dei casi (principalmente fondi nazionali e regionali).

In merito al target dei beneficiari presi in carico e delle attività realizzate nell’ambito dei servizi:
- nel 79,3% dei servizi, potenziali vittime di sfruttamento lavorativo attraverso attività di orientamento ai servizi, accompagnamento e inserimento socio-lavorativo genericamente rivolte a contrastare le situazioni di fragilità sociale che aumentano l’esposizione al rischio;
- nel 54% dei servizi, vittime di sfruttamento identificate come tali
- nel 55,2% dei servizi, la comunità locale
- nel 23% dei servizi, il personale impiegato negli interventi di prevenzione, contrasto e assistenza alle vittime.

B) Il 46,6% dei Comuni che hanno realizzato interventi di prevenzione/contrasto (vale a dire 55 su 118 in totale) dichiara di essere promotore di strumenti di governance.

La ricognizione degli strumenti di governance utilizzati dagli Enti locali per contrastare lo sfruttamento lavorativo e proteggere le vittime e potenziali vittime rappresenta uno degli aspetti più originali dell’indagine. Nello specifico, l’indagine ha consentito di rilevare l’esistenza in totale di 81 protocolli d’intesa/accordi formali, 35 tavoli di lavoro/coprogettazione, 17 piani locali/documenti di programmazione locale, e 7 osservatori locali sullo sfruttamento lavorativo.

In merito ai protocolli d’intesa e accordi formali (tra cui convenzioni quadro, convenzioni attuative, accordi di collaborazione, dichiarazioni di partenariato, delibere di giunta, memorandum d'intenti, accordi di programma nell’ambito di progettualità specifiche), le principali finalità mirano ad impegnare i soggetti firmatari pubblici e privati nella realizzazione di un sistema integrato di interventi di assistenza, accoglienza, informazione e sensibilizzazione, consulenza, promozione della legalità, formazione professionale, inserimento lavorativo, apprendimento della lingua italiana, alfabetizzazione sindacale, mediazione interculturale, ecc.,

In altri casi l’obiettivo da conseguire è più mirato e circoscritto: gestione di strutture di accoglienza per lavoratori e lavoratrici stagionali, realizzazione di poli sociali, attivazione di budget di integrazione per vittime o potenziali, azioni specifiche di contrasto al lavoro nero e irregolare, quali la diffusione di strumenti di asseverazione di conformità dei rapporti di lavoro, l’implementazione di un osservatorio di monitoraggio per promuovere l'adozione di buone prassi nel sistema degli appalti pubblici e orientare le attività di vigilanza ecc..

Tra gli strumenti di governance finalizzati alla lotta contro il lavoro sfruttato sono stati altresì menzionati 17 piani locali/documenti di programmazione locale e 7 osservatori.

Innanzitutto, con riferimento ai primi, va specificato che parte di essi si riferisce ai Piani Locali Multisettoriali di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato in agricoltura realizzati in forma sperimentale nell’ambito della prima fase del progetto InCas, mentre un’altra parte dei piani indicati riguarda diversi atti di indirizzo amministrativo, tra cui delibere di giunta che impegnano le Amministrazioni a realizzare azioni specifiche di contrasto (istituzione di osservatori per la sicurezza sul lavoro, obbligo di salariominimoper chipartecipa ad appalti comunali, concertazione con le Forze di Polizia e le organizzazioni datoriali e sindacali, supporto alle aziende che operano nella legalità, ecc.) oppure piani di zona, piani esecutivi di gestione o documenti unici di programmazione (DUP) all’interno dei quali sono stati inseriti, nella logica di politiche integrate di più ampio respiro, obiettividi inclusione sociolavorativa delle fasce sociali più deboli e marginalizzate.

Per quanto attiene gli osservatori vengono indicati come realtà a carattere permanente finalizzati al monitoraggio dell’andamento degli infortuni nei luoghi di lavoro (con attività di educazione alla cultura del lavoro dignitoso, contrasto del lavoro irregolare e delle pratiche di appalto elusive della normativa nonché dell’eccessiva esternalizzazione e frammentazione delle attività negli appalti e nei subappalti, rafforzamento degli interventi di assistenza, vigilanza e controllo, ecc.), alla tutela della legalità e contrasto alla criminalità diffusa sul territorio, e all’analisi del caporalato all’interno della più ampia analisi del fenomeno migratorio presente a livello territoriale.

Infine, viene rilevata l’attivazione di 35 tavoli di lavoro nella maggior parte dei casi di recente costituzione, promossi perlopiù dal Comune rispondente, oppure dalla prefettura o dalla regione. In base agli obiettivi emerge che: alcuni sono esplicitamente finalizzati al contrasto dello sfruttamento lavorativo e svolgono (soprattutto in seno ai Consigli territoriali per l'immigrazione), attività di approfondimento del fenomeno, monitoraggio, scambio e condivisione di azioni; altri, costituiti nell’ambito di progettualità specifiche per la coprogettazione degli interventi, il coordinamento delle linee programmatiche o la definizione delle strategie operative tra tutti gli attori coinvolti; altri ancora perseguono una mission specifica, tra cui il superamento insediamenti abusivi in agricoltura, l’accoglienza dei lavoratori migranti stagionali, la realizzazione di sportello per il lavoro etico in agricoltura. Ve ne sono poi altri di carattere più tecnico, centrati sull’inclusione sociale delle persone in condizioni di vulnerabilità o marginalità sociale, o che si configurano come spazi di confronto, programmazione, aggiornamento, presa in carico e trattazione di situazioni afferenti al tema della tratta.

C) Tra gli interventi di prevenzione e contrasto allo sfruttamento messi in atto dai Comuni o nei quali i Comuni sono coinvolti, i progetti - intesi come ogni azione operativa, di ricerca, consulenza (legale, psicologica, economica, alloggiativa, socio-sanitaria), monitoraggio, sensibilizzazione, vigilanza o sperimentazione di modelli con la partecipazione di più stakeholders - costituiscono la parte quantitativamente più consistente. Infatti il 72,9% dei Comuni (pari a 86 casi su 118) dichiara di essere coinvolto in progetti contro lo sfruttamento lavorativo che possiamo così classificare:

- progetti regionali o interregionali di contrasto allo sfruttamento lavorativo
- progetti di contrasto allo sfruttamento lavorativo la cui estensione territoriale è comunale o intercomunale, come sportelli anti-caporalato, help desk, poli sociali integrati;
- progetti antitratta finanziati dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio afferenti al Piano nazionale antitratta per l’emersione, assistenza e integrazione sociale delle vittime di tratta;
- progetti finalizzati principalmente all’orientamento e inserimento lavorativo, nonché alla promozione della legalità e sicurezza sul lavoro;
- progetti legati alla rete SAI che, accogliendo anche vittime di sfruttamento lavorativo, pongono in essere azioni di prevenzione e/o contrasto anche con l’ausilio di operatori specializzati nella tematica);
- progetti genericamente finalizzati all’inclusione sociale delle persone (italiane e straniere) più vulnerabili o in condizioni di marginalità oppure rivolti a target specifici o all’intera collettività.

In merito ai progetti, si rileva un forte protagonismo degli Enti locali: nel 46,5% dei progetti (pari a 59 progetti), il capofila è rappresentato da un Comune/Unione di Comuni e che di questi, in 50 casi si tratta dello stesso Comune rispondente. A seguire, le Regioni risultano capofila nel 29,1% dei progetti (pari a 37), seguite da enti del Terzo settore (18,9% pari a 24) e da altri soggetti istituzionali quali ambiti territoriali, distretti, ASP, prefettura (5,5% pari a 7). Nel corso dell’indagine è stato rilevato anche il fabbisogno formativo dei Comuni rispetto agli strumenti di governance, servizi e interventi di prevenzione e contrasto dello sfruttamento lavorativo e di sostegno alle vittime e/o potenziali vittime. L’analisi dei dati raccolti mostra innanzitutto che solo nel 6,8% dei casi, il personale comunale ha frequentato nel corso del 2023 attività formative relative al tema oggetto di studio e si registra un forte fabbisogno formativo: l’83,6% dei rispondenti (pari a 504 su 603) ritiene utile l’organizzazione di percorsi di formazione rivolti al personale del Comune. Gli argomenti di maggiore interesse sono l’approfondimento sulle diverse forme di sfruttamento lavorativo e lavoro sommerso (e la normativa nazionale di prevenzione, contrasto e sostegno alle vittime. Ma al contempo, i Comuni ritengono che la formazione dovrebbe essere una occasione di confronto diretto e di scambio con altre realtà territoriali e l’occasione per acquisire conoscenze per realizzare attività di pianificazione locale multisettoriale e per attivare reti di collaborazione fra stakeholders locali.

Il Rapporto di ricerca, dopo la presentazione puntuale dei risultati d’indagine, si conclude con una parte dedicata alla disamina dei provvedimenti normativi più rilevanti varati dalle Amministrazioni regionali per contrastare il lavoro irregolare e il caporalato nell’ambito della cornice del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento in agricoltura e al caporalato 2020-2022 e del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2022-2025.

L’attenzione è stata poi focalizzata, per ciascun contesto regionale, ai principali interventi attualmente in corso di realizzazione a livello locale da parte dei comuni, così come risultano dall’elaborazione qualitativa delle informazioni raccolte nell’ambito della rilevazione InCas e integrate da una specifica ricerca desk.

Senza alcuna pretesa di esaustività, ne deriva un quadro frastagliato e articolato non solo delle azioni avviate ma anche dei processi di progettazione e programmazione interistituzionale e multi-attore che concorrono a realizzare la strategia nazionale di contrasto all’economia sommersa e al lavoro irregolare.